lettera al lettore (comprensibilmente) arrabbiato

di Gaspare Bona

Caro lettore che protesti perché pensi che il limite agli sconti imposto dalla legge Levi danneggi il tuo potere d’acquisto in libreria, vorrei buttarti lì qualche riflessione, per cercare di farti vedere il rovescio della medaglia. Non voglio convincerti che devi essere contento di questa legge, ma darti qualche elemento in più perché tu possa farti un’idea più compiuta delle ragioni e delle conseguenze di questa legge.

Dato che le case editrici e le librerie non sono enti benefici senza scopo di lucro, si può supporre con ragionevole certezza che ogni volta che viene fatto uno sconto sul prezzo di copertina fissato per un libro ci siano tre possibili “backstage”: o il prezzo di copertina è stato gonfiato per poi poterlo scontare, oppure la perdita di margine su quel libro viene recuperata aumentando il prezzo di copertina di un altro libro (che toccherà a un altro lettore pagare, magari perché ne è costretto per motivi di lavoro o studio), oppure la casa editrice o la libreria (che però non ha potere sul prezzo di copertina) si accolla una perdita, cosa che sicuramente può succedere per cercare di stare a galla in un mercato asfittico, ma alla lunga ha conseguenze letali sia sul piano economico sia su quello culturale (il culturale provo a spiegarlo più avanti). Di qui il concetto espresso da un grande libraio come Romano Montroni, ovvero che il prezzo del libro deve essere giusto. (E a chi non piacciono le cose giuste?)

La Legge Levi non impone né regola in alcun modo il prezzo di copertina, che in maniera assolutamente libera viene determinato dall’editore. Dunque non elimina la concorrenza ma la sposta dallo sconto al prezzo di copertina del libro. Dopo un primo periodo di assestamento (tutti i cambiamenti comportano un periodo di transizione, per cui è evidente che nell’immediato a molti lettori toccherà pagare un po’ di più i libri) gli editori che prima allettavano il lettore con campagne superscontate si accorgeranno che per mantenere invariate le vendite dovranno abbassare i prezzi. O meglio ancora, il lettore si accorgerà, non più abbagliato dall’esca degli sconti, che esistono migliaia di bellissimi libri di tantissimi editori che hanno già un prezzo concorrenziale, e dunque sposterà l’attenzione dal prezzo ai contenuti. Dal punto di vista del portafoglio del lettore, acquistare un libro che costa 20 Euro con lo sconto del 30% o un libro che costa 16.50 Euro con lo sconto 15% o un libro che costa 14 Euro senza alcuno sconto è esattamente lo stesso. Paga sempre uguale.

E qui entra l’argomento culturale. E’ un po’ complicato spiegare in poche parole, senza che tu perda la pazienza, i meccanismi che stanno dietro la produzione, promozione e distribuzione dei libri. Nel mercato editoriale italiano esistono delle anomalie non presenti in altri Paesi. Le concentrazioni editoriali non sono solo orizzontali (grandi gruppi editoriali con più marchi) ma anche verticali, ovvero i grandi editori, oltre a produrre libri, possiedono le principali distribuzioni e promozioni, le principali catene di librerie, i principali negozi on-line (tolto ovviamente lo spauracchio Amazon), i principali distributori della grande distribuzione e del remainder. Tutto questo – e qui devo chiederti un atto di fiducia – fa sì che questi gruppi possano proficuamente utilizzare la leva dello sconto per accaparrarsi o conservare fette di mercato, ma che il resto degli editori e delle librerie né siano praticamente esclusi (praticamente non sta per “quasi” ma proprio nel suo significato letterale di “nella pratica”).

Dunque spostare la concorrenzza dallo sconto al prezzo di copertina ha l’enorme pregio di dare l’opportunità di esistere a un numero molto alto di editori e librai. E questo, dal punto di vista culturale, ha un’importanza fondamentale, perché garantisce la bibliodiversità e la pluralità di idee. Se ti dicessi che in Italia ci sono 5000 case editrici, ti sembrerebbero tante. Probabilmente mi risponderesti che 1000 o anche 500 sarebbero più che sufficienti. Perché, ben che vada, tu leggi 50 libri all’anno, e che te ne fai che ne vengano pubblicati 50.000 nuovi ogni anno? Però dove lo fissiamo questo limite. Se ti dico 5 case editrici penso che sembrerebbero poche anche a te. Ebbene, gli sconti selvaggi hanno portato quasi a questo. L’80% del mercato è dominato da un pugno (cinque dita) di grandi gruppi editoriali. Tra l’altro, sai quante sono le case editrici in Germania? 19.000. Non me lo sarei immaginato nemmeno io. E per quanto riguarda le librerie, è vero che tu sei giovane e smanettone e i libri te li vai a sfogliare nella libreria sotto casa e poi li compri su Internet, ma per ora rappresenti solo una piccola percentuale dei lettori (molto inferiore al 10%). Tanta gente ha bisogno (e piacere, non dimentichiamolo) di avere un libraio che la consiglia, che le fa delle proposte, che fa da filtro nella valanga delle novità editoriali. Forse non sai che quando Amazon faceva il 35% o 40% di sconto sui libri li vendeva in perdita. Lo faceva perché la legge glielo permetteva e per sbaragliare i concorrenti avendo alle spalle una grandissima forza finanziaria ed economica. Pensa che a molti librai conveniva comprare i libri su Amazon invece che dal solito distributore perché così avevano un margine maggiore. Ti sembra logico e giusto? Molto probabilmente la maggior parte dei lettori ha pensato che i librai debbano avere dei margini pazzeschi se qualcuno può permettersi di fare sconti così alti. Chissà come mai allora le librerie indipendenti stanno chiudendo a decine? Amazon, in Francia, fa il 5% massimo di sconto che le è consentito dalla legge, ed è una delle tante opportunità del mercato. Non so a te, ma a me sembra giusto, e anche bello accidenti, che possa esistere una libreria anche nelle città più piccole, che la gente possa vedere i libri nelle vetrine, sapere che esistono (sì perché quando i libri si venderanno solo su Internet, mi spieghi come faremo a sapere che esistono?), entrare e toccarli, e dunque mi sembra giusta una legge che senza danneggiare il lettore, dia al maggior numero possibile di cittadini questa possibilità.

E qui aggiungo un’altra considerazione. La Legge Levi è ancora molto meno restrittiva di quanto lo siano le leggi in Paesi come Francia, Germania, Svizzera, Spagna, in alcuni dei quali i tassi di lettura sono incredibilmente più alti che da noi, dimostrando dunque che lo sconto non è affatto un mezzo di diffusione della lettura. Può esserlo il prezzo di copertina, ma lo sconto è uno strumento fuorviante, una specie di specchietto per le allodole che distoglie dal contenuto del libro. Inoltre alcuni studi indicano che l’eliminazione degli sconti lascia invariato il prezzo finale che paga il lettore. Dunque la concorrenza funziona.

E poi la possibilità di pagare poco i libri continua a esserci. Intanto esistono le collane di tascabili, e molto spesso il tascabile esce molto presto. Inoltre una volta all’anno gli editori hanno ancora la possibilità di offrire tutti i loro libri con il 25% di sconto per un mese. E continua a esistere il remainder. Anzi è molto probabile che la legge favorisca il rifiorire di questo importante mercato, che gli sconti selvaggi avevano praticamente ucciso. Perché infatti faticare a trovare un libro a metà prezzo quando con un clic potevo comprarlo con il 35% di sconto? Adesso, se voglio comprarmi sei libri invece di tre per le vacanze, andrò da un remainder e finirà che risparmio ancora.

Gaspare Bona  – Instar Libri
per i Mulini a vento

[l’immagine in apice viene da qui]

117 Responses to “lettera al lettore (comprensibilmente) arrabbiato”

  1. Grazie, sono una piccola libraia indipendente, fa bene al cuore leggere il suo articolo, oggi.
    Buona giornata a tutti noi, e soprattutto buon lavoro.
    Alina Laruccia, Libreria Eleutera, Turi(BA)

  2. Belle parole. Ma come la mettiamo con il fatto che anche le biblioteche non avranno grossi sconti per aumentare il numero di libri da prestare? Dov’è l’amore della cultura in tutto questo?

    • Nel resto d’Europa ci sono molte piu’ biblioteche di quante ce ne siano in Italia, segno che li le cose funzionano nonostante non ci siano di fatto sconti sui libri. Io non lo vedo come un problema, piuttosto un’opportunita’ per crescere, noi e loro.

  3. Continuo ad essere convinto che questa legge è dannosa per tutti, anche per i librai. La realtà facilmente prevedibile è che il prezzo dei libri si stabilizzerà verso l’alto, il resto sono promesse e previsioni che in Italia, già in altri settori, non si sono verificate. Se il libro non si deve scegliere sulla base del prezzo (come i librai dicono) ecco dimostrato che non avremo mai un calo dei prezzi. Inutile che vi arrampichiate sugli specchi, la storia è vecchia!

  4. Garo Gaspare Bona, se gli editori vogliono sopravvivere, comincino anche a pubblicare di meno…ci sono davvero tante porcherie illeggibili in giro..non è possibile una decrescita felice anche in editoria? Sono in parte contrario a questa legge…ma siccome bisogna provarla sul campo, vediamo se di qui ad un anno avremo tutti i benefici di cui lei parla…cordiali saluti.

    Carlo Anaclerio/ Bologna

  5. Condivido quello che scrive Gaspare Bona (lavoro per un piccolo editore e, non a caso, ho aderito alla campagna dei Mulini), e sono convinto che il lettore si sia abituato a comprare con lo sconto libri con prezzi “gonfiati” ad hoc, e che questa sia una distorsione da sanare.

    Però mi pare che la legge approvata sia una mezza fregatura: di fatto limita lo sconto al 25%, non al 15%, perché, come recita il comma 3 dell’articolo 2, “ad esclusione del mese di dicembre, agli editori è consentita la possibilità di realizzare campagne promozionali distinte tra loro, non reiterabili nel corso dell’anno solare e di durata non superiore a un mese”. Questo significa quindi che ogni mese sarà possibile scontare i libri del 25%: sarà sufficiente non scontare sempre gli stessi e inventarsi ogni mese una nuova promozione, ed è esattamente quello che avveniva già prima dell’approvazione di questa legge (il cui vero risultato, mi pare, sia stato quello di mettere i bastoni tra le ruote ad Amazon, impedendogli sconti superiori al 25%).

    Anche con questa legge a farne le spese saranno i librai e gli editori indipendenti che – a differenza dei grandi gruppi e delle catene di librerie – non potranno permettersi promozioni al 25% ogni mese. Quindi niente di davvero nuovo sotto il sole.

    Senza contare la limitazione dello sconto al 20% per biblioteche, scuole, associazioni ecc., il che mi pare gravissimo: ora le scuole, che hanno bilanci sempre più contratti, potranno acquistare meno libri di prima (a meno che davvero i prezzi dei libri non diminuiscano sensibilmente, ma ci credo poco, dato che, come recita la legge e come si diceva poco fa, ogni mese gli editori potranno scontare i libri del 25%).

    E’ giusto ragionare sulla limitazione dello sconto selvaggio, ma questa legge non è un buon risultato.

  6. Questi tentativi di consolare il lettore sono patetici, lasciatemelo dire. Avete ottenuto la legge, ora dovreste tacere. Io sono una lettrice accanita, leggo in media 50 libri all’anno. Considerato il mio stipendio, gli sconti mi consentono di poter accrescere la mia cultura e continuare a leggere. L’economia funziona se il prodotto è accessibile a più persone (non esisterebbero i saldi altrimenti), se un libro costa 20 euro, in quanti se lo possono permettere? La campagna promozionale di Amazon è stata in questo senso un esempio pratico. In tantissimi si sono lanciati nell’acquisto. Pensate se gli stessi sconti fossero applicati dai librai reali. In quanti comprerebbero i libri? Sicuramente più dei pochi eletti che possono permetterseli. Anche io sono un esempio pratico in questo senso. Pensate che non sarei felice di comprare 8/10 libri al mese nella libreria della mia città? L’alternativa allo smettere di leggere è il prestito da amici o biblioteca. Pensate possa aiutare librai o case editrici?

  7. Buongiorno a tutti,
    sarebbe bello che si avverasse tutto quello che ha previsto il sig. Bona, ma se devo esprimere la mia opinione ne dubito fortemente.
    Questa legge, amio avviso, è fatta espressamente per mettere i bastoni tra le route di amazon e favorire certi altri gruppi.
    Il risultato temo (a me farebbe piacere) che sarà il proliferare di ebook reader e di download più o meno legali di libri dalla rete.
    Tutto questo mi auguro che porterà alla diffusione della fruizione elettronica di certi tipi di pubblicazioni, soprattutto per la scuola, per una serie infinita di vantaggi che non mi metto nemmeno ad elencare.
    Per quanto riguarda invece la fruizioni “ludica” del libro, temo che abbia ampiamente ragione Davide Musso, e che le promozioni continueranno con cadenza mensile, dopotutto gli uffici marketing dei vari gruppi ci sono proprio per questo motivo.

    My two cents.

  8. Ho letto con attenzione l’articolo e non ho trovato una sola buona ragione per difendere una legge che è di fatto una legge ad personam, anzi ad essere precisi una legge contra aziendam. Se Amazon riesce a stare sul mercato con margini di profitto nulli o negativi peggio per lei. E’ una strategia commerciale come altre, fra l’altro più che comprensibile essendo appena entrata sul mercato italiano. Chissà poi come mai amazon ha aperto la filiale italiana con dieci anni di ritardo, quasi temesse l’innato corporativismo di questo paese.
    Chi vuole andare dal libraio sotto casa è libero di andarci, chi preferisce le grandi catene altrettanto, io i libri li compro in rete da quasi dieci anni e non capisco perchè qualcuno debba decidere in mia vece dove spendere i miei soldi. Tutte le giustificazioni che vengono addotte si riferiscono a inefficienze del settore, dalla concentrazione ai conflitti di interesse. Situazioni che non vengono scalfite dalla norma in questione che invece si limita a far pagare i costi ai consumatori finali .
    Mi vien da piangere al pensiero che il parlamento all’unanimità vari una legge che si preoccupa del troppo basso costo dei libri quando sarebbe semmai auspicabile si preoccupasse dell’eccessivo prezzo, del bassissimo numero di lettori, di come eliminare conflitti di interesse, concentrazioni ecc ecc. Ma tanto è.
    Sembrerà arrogante dirlo ma spero che la diffusione degli e book cancelli l’industria editoriale come e più di quanto avvenuto con quella discografica. Sempre che per giustificatissimi motivi non si ritenga che nell’esclusivo interesse dei lettori sarà meglio vietare per legge i formati non cartacei.

    • “spero che la diffusione degli e book cancelli l’industria editoriale come e più di quanto avvenuto con quella discografica. Sempre che per giustificatissimi motivi non si ritenga che nell’esclusivo interesse dei lettori sarà meglio vietare per legge i formati non cartacei.”

      Lo spero anche io fortemente.
      E sono fiducioso: la legge sul prezzo del libro è il canto del cigno dell’editoria italiana.

  9. Tutti gli argomenti fatti sembrano cercare di spiegare come la Legge Legi risolve un problema che i lettori e i consumatori non riescono neanche a capire. Cosa e’ la “bibliodiversita’” e chi sta a giudicare? Chi ha il diritto di definire se un libro e’ meritevole o bibliodiverso?
    Facendo l’assunzione che un problema esiste, anche in quel caso la legge Levi sembra essere un modo per arginare il “probelema” non alla fonte, ma a valle.
    Il prezzo giusto lo determinano i consumatori, comprando o non comprando il libro. E fare sconti e’ come fare marketing ad un libro. Rendiamoci conto che un coupon puo’ avere lo stesso effetto di uno sconto.
    Imho: tendenzialmente anti concorrenziale, questa legge non ha alcun senso.

  10. L’articolo è interessante ed elenca le principali tesi a sostegno della legge Levi, entrata oggi in vigore. Personalmente, tuttavia, queste argomentazioni in larga parte non mi convincono. Ecco perché:

    1) L’autore giustamente rileva che “le case editrici e le librerie non sono enti benefici senza scopo di lucro”. Proprio per questo, tuttavia, viene da chiedersi perché le c.d. librerie indipendenti debbano essere considerate meritevoli di particolare tutela. Proprio perché non sono “enti benefici”, stiano sul mercato come tutti gli altri operatori e vendano alle condizioni in cui sono in grado di vendere. Chi servirà in modo più efficace il maggior numero di lettori otterrà i maggiori profitti. Così funziona la concorrenza; così funziona il libero mercato.

    2) L’autore oltretutto si contraddice quando afferma che “tanta gente ha bisogno (e piacere, non dimentichiamolo) di avere un libraio che la consiglia, che le fa delle proposte, che fa da filtro nella valanga delle novità editoriali”. Se davvero “tanta gente” avvertisse la necessità di questo servizio, costoro sarebbero disposti a pagare qualche euro in più, rinunciando agli sconti on-line, in cambio di una buona consulenza e la Legge Levi sarebbe superflua. Ma così, a quanto pare, non è, dal momento che – come l’autore rileva – “le librerie indipendenti stanno chiudendo a decine”.

    3) L’affermazione secondo cui ad ogni sconto corrisponde: a) un corrispondente prezzo gonfiato; b) un corrispondete aumento di un altro prezzo; c) una perdita è a mio avviso del tutto erronea e insostenibile, come sa chiunque abbia qualche rudimento di microeconomia. In verità uno sconto comporta semplicemente una riduzione dell’extraprofitto garantito all’editore (e, eventualmente, al distributore). Il prezzo di copertina, infatti, copre non soltanto i costi di produzione del bene, ma anche una quota che costituisce l’extraprofitto del venditore. La possibilità di scontare senza limiti semplicemente riduce tale extraprofitto, ma non comporta in automatico né una perdita né un successivo incremento dei prezzi. In un mercato concorrenziale, prezzo e costo marginale tendono a coincidere, a vantaggio del consumatore.

    4) L’idea del “giusto prezzo” è affascinante e antica e ha radici nel pensiero tomistico. Ma, in un mercato, quando un prezzo può dirsi “giusto”? Qualche parametro, universalmente riconosciuto, stabilisce quale prezzo sia realmente “giusto”? E chi dovrebbe stabilirlo? Lo Stato, forse? A mio avviso, il prezzo può dirsi “giusto” soltanto in senso soggettivo. È giusto quel prezzo che il singolo consumatore è disposto a pagare per acquistare un bene.

    5) L’autore correttamente rileva che “la Legge Levi è ancora molto meno restrittiva di quanto lo siano le leggi in Paesi come Francia, Germania, Svizzera, Spagna, in alcuni dei quali i tassi di lettura sono incredibilmente più alti che da noi” e da qui inferisce che “lo sconto non è affatto un mezzo di diffusione della lettura”. Ma ciò non dimostra alcunché. Servirebbe una prova controfattuale: se Francia, Germania, Svizzera, Spagna liberalizzassero gli sconti e la percentuale di lettori non aumentasse, allora l’autore avrebbe ragione. Ma, in assenza di tale controprova, la deduzione è del tutto arbitraria.

    Potrei formulare anche altre obiezioni, ma ritengo che queste siano le più significative.

    A mio avviso la “il periodo di assestamento” menzionato nell’articolo sarà assai lungo, per non dire permanente.

    I consumatori saranno costretti a comprare a prezzi più elevati e ciò garantirà una rendita di posizione a quegli editori e quelle librerie che sarebbero stati posti al di fuori del mercato.

    A meno che, ovviamente, gli acquisti non crollino nei prossimi mesi, riducendo i profitti della filiera e inducendo il legislatore a ripensare questa sciagurata legge.

  11. Non condividiamo la posizione di Instar Libri, così come non abbiamo affatto condiviso il sostegno a questa legge, che ci pare contraria al principio della libera concorrenza, valido tanto per gli editori quanto per i librai.
    Tuttavia, rispetto ad altri interventi, Gaspare Bona porta argomenti equilibrati nel dibattito e per questo ne condividiamo i contenuti anche sulle nostre pagine: http://www.marcovalerio.it/sconti-sui-libri-dovremmo-gioire/

  12. Gentile Tommaso M.
    poichè trovo abbastanza irritanti le persone che ammantano inopinatamente di scientificità e filosofia ciò che dicono, mi permetto di contraddire le sue osservazioni.

    1) Affermando che “le case editrici e le librerie non sono enti benefici senza scopo di lucro” si esprime un dato di fatto e non si formula un giudizio di valore (anzi, semmai si formula un giudizio di disvalore). Non vi è dunque alcuna contraddizione nell’affermare successivamente che le piccole librerie indipendenti sono meritevoli di una particolare tutela. Personalmente appartengo a quella categoria di persone che non ritengono che le leggi di mercato debbano essere leggi assolute, e che il raziocinio umano dovrebbe predisporre dei correttivi in grado di limitarne gli effetti secondari dannosi. Certo, le leggi del mercato vorrebbero l’estinzione del piccolo negozio (che esso venda frutta, pane o libri è indifferente), ma un mondo di megadistributori non è necessariamente il miglior mondo possibile, anzi sarebbe effettivamente un monstrum.
    2) Lei afferma che se davvero “tanta gente avesse bisogno del servizio delle piccole librerie, allora queste non dovrebbero avere problemi a reperire una clientela disposta a pagare qualche euro in più rinunciando alla grande distribuzione. Ebbene dovremmo intenderci sul concetto di “tanta”. Esistono “tante” persone affette da malattie per le quali i medicinali non vengono prodotti, evidentemente perché non sono abbastanza “tante” da rendere vantaggiosa la produzione del farmaco per le case farmaceutiche. E’ forse un esempio un po’ estremo, ma è certamente possibile che ci sia “tanta” gente che però non è “abbastanza”, e credo che questa vada tutelata proprio con quei correttivi alle pure leggi del mercato di cui sopra.
    3) Certamente nell’accezione classica “uno sconto comporta semplicemente una riduzione dell’extraprofitto garantito all’editore”. Purtroppo la realtà dei fatti dimostra (come già spiegato nell’articolo) che una potenza come Amazon può permettersi sconti in perdita e non certo soltanto in riduzione dell’extraprofitto. E se crede che i prezzi non vengano mai gonfiati per poi essere fittiziamente scontati – dando al cliente l’illusione di aver fatto un affare – allora non ha mai fatto un giro per i negozi milanesi in tempo di saldi. Se lo lasci dire da una ragazzina.
    4) Inchinandomi alla citazione del pensiero tomista, faccio notare che mai, mai nella storia e in nessun campo della filosofia, il concetto di “giusto” ha avuto un parametro fisso, stabilito, certo. La giustezza (e non, mi consenta, giustizia) del prezzo non può essere soltanto, come lei afferma, una “idea affascinante”, ma piuttosto un obiettivo, certo sempre perfettibile e discutibile, ma che non può e non deve essere lasciato al puro arbitrio di leggi di mercato, le cui conseguenze, peraltro, si potranno vedere solo tra molti anni… e non solo dal punto di vista economico quanto sociale e culturale (un esempio a caso… non possiamo lamentare le conseguenze funeste dell’eccessivo inurbamento se la vita nei paesi e nella provincia è diventata insopportabile proprio perché, tra le altre cose, devo prendere la macchina e fare dei chilometri per comprare un libro da un megadistributore, vedere un film in un multisala, fare la spesa all’ipermercato, realtà tutte che stanno uccidendo le librerie, i piccoli cinema e i negozi).
    5) Il suo ragionamento è errato. Le statistiche sui libri venduti in Paesi che applicano leggi similari alla Legge Levi costituiscono esse un giudizio controfattuale rispetto alle vendite dei libri in assenza di tale legge, non essendo le stesse diminuite.

    Tutto ciò premesso, credo che
    1) se tutti i lettori avessero potuto confrontarsi con un libraio prima di acquistare un libro oggi non prolifererebbero i Moccia e i Dan Brown (con tutto il rispetto per questi signori, anzi, a dire il vero con pochissimo rispetto).
    2) Che in assenza di una rivoluzione culturale, quanto mai distante e improbabile nella nostra Italia in questo momento storico, nessuna legge e nessun correttivo impediranno ai lettori di leggere poco e male;
    3) Che il suggerimento senza dubbio più brillante e utile che ho letto in questa pagina è quello espresso da Carlo, che quoto: “se gli editori vogliono sopravvivere, comincino anche a pubblicare di meno…ci sono davvero tante porcherie illeggibili in giro..non è possibile una decrescita felice anche in editoria?”. Ecco, una decrescita felice della quantità a favore della qualità sarebbe l’utopia.

    • Tutto condivisibile in linea teorica, se non fosse per una cappa soffocante di paternalismo radical-chic che risulta ben più irritante delle disquisizioni filosofiche di qualche commento fa…

      “se tutti i lettori avessero potuto confrontarsi con un libraio prima di acquistare un libro oggi non prolifererebbero i Moccia e i Dan Brown (con tutto il rispetto per questi signori, anzi, a dire il vero con pochissimo rispetto)”: scherziamo? Io non o mai letto Moccia, ma qualora volessi farlo dovrei morire di vergogna? La letteratura popolare (anche bassissima) è sempre esistita e sempre esisterà, perché, come diceva la mia mitica prof. di filosofia del liceo citando non so chi, “anche Omero dorme”. E nessuno dovrebbe credersi in dovere di dispensare direttive su cosa si deve o non si deve leggere. Detto ciò, anch’io intimamente penso che il mercato dei libri sia invaso di spazzatura buona neanche per una stagione, ma non per questo mi ergo a giudice supremo delle “buone letture”.

    • Gentile signorina, credo le manchino proprio le basi della logica.
      Quanto al resto, lei è libera di rifornirsi dove meglio crede, ma perchè non deve permettere agli altri la medesima condizione di libertà? Ma soprattutto, il governo che ha partorito questa norma indifendibile, non dovrebbe essere a favore del libero mercato? Ops! certo, come no, a patto che non disturbi gli affari dell’innominabile (quello bassetto, coi tacchi e il catrame in testa… sì, brava! quello con le case editrici!).

      • Guardi che le basi della logica mancano a lei, visto che inferisce dal mio commento tutta una serie di conclusioni di cui io non ho assolutamente dato le premesse! Io sono contraria a questa legge, ma sono altrettanto contraria a chi crede di doverla difendere o avversare ricorrendo a un paternalismo stucchevole che vede il lettore di best-sellers come una povera pecorella smarrita da ricondurre sulla retta via delle sane, buone letture “di nicchia”. Si dovrebbe esaltare il libero pensiero autonomo e la libera informazione sui libri (prima dell’acquisto), anziché auspicare che il lettore si attacchi alle gonnelle del libraio per stillare dalle sue labbra un prezioso consiglio bibliografico!

      • Stella, guardi che il governo ha fatto ben poco (forse solo essere d’accordo), perché questa legge è stata “partorita” da un esponente di quella che viene simpaticamente chiamata in Italia “opposizione”…

    • Gentile S

      poiché ha ritenuto opportuno chiamarmi in causa direttamente, mi permetto di replicare alle sue osservazioni.

      Mi scuso anzitempo qualora le mie argomentazioni accrescano l’irritazione che prova nei miei confronti. Le garantisco che non ammanto le mie tesi di alcunché, anzi mi sforzo di esprimere in modo quanto più chiaro e diretto il mio pensiero, per quanto criticabile esso sia. Niente di personale!

      1) Lei ha ragione, non vi è una necessaria contraddizione nell’asserire che le case editrici non sono “enti benefici senza scopo di lucro” e nel sostenere che siano meritevoli di una particolare tutela. Ma non vi è nemmeno un nesso logico di consequenzialità, ed è questo punto che io mettevo in risalto nella mia replica all’articolo.

      Esistono infatti molte attività che, senza essere “enti benefici senza scopo di lucro”, non hanno tutele particolari. Un ristorante, per quanto storico, è costretto a chiudere se finisce con l’essere privo di clientela. Un negozio di sartoria, che in passato può avere servito persone illustri, può fallire se le persone scelgono di vestire altrove. Piaccia o non piaccia, così funziona il mercato. E poiché, nell’Italia di oggi, il mercato è la regola, spetta ai sostenitori della Legge Levi spiegare perché le librerie independenti debbano essere più tutelate di quanto lo siano ristoratori e sarti.

      Lei scrive: “Personalmente appartengo a quella categoria di persone che non ritengono che le leggi di mercato debbano essere leggi assolute, e che il raziocinio umano dovrebbe predisporre dei correttivi in grado di limitarne gli effetti secondari dannosi”. Mi fa piacere, siamo in due. Si tratta di capire se e in che misura la crescita della vendita on-line e la conseguente crisi delle c.d. librerie indipendenti sia davvero un “effetto dannoso” e in quanto tale meritevole di un “correttivo”. Potremmo discuterne a lungo.

      Personalmente ho scoperto che un sito come Amazon mi garantisce servizi assai migliori di qualsiasi altra libreria indipendente che mi sia mai capitato di frequentare (e non mi riferisco tanto agli sconti, quanto alla reperibilità dei titoli, anche in lingua straniera; alla qualità delle copie spedite; alla rapidità nel reperimento e nell’invio). Perché dovrei desiderare di apportare “correttivi” a tutto questo?

      2) Lei poi afferma che quei “tanti” che ancora frequentano le librerie indipendenti debbano essere “tutelati”. Ecco, in tutta franchezza io penso di no. Non penso debbano essere tutelati, proprio come non debbono essere tutelati gli amanti degli antichi ristoranti, dei sarti ottocenteschi, della musica da camera, delle diligenze a cavalli, di tutte quelle pratiche che, un tempo più o meno di massa, si sono trasformate in attività di nicchia. Non ho nulla contro di loro, ci mancherebbe. Ma non credo che sia opportuno “tutelarli”, dal momento che questa “tutela” comporta costi che gli altri – tutti gli altri – debbono sostenere, ad esempio pagando di pi i libri.

      Portamo alle estreme conseguenze la scelta di “tutelare” le categorie e non avremo più un mercato libero e aperto; avremo una società corporativa in cui ogni singola categoria produttiva eserciterà sistematiche pressioni sul potere politico per adottare che leggi che ne salvaguardino la quota di mercato, scaricando sul consumatore costi crescenti. Con tutto il rispetto, ribadisco, non è il genere di società in cui, potendo scegliere, gradirei vivere.

      3) Purtroppo l’articolo non dimostra nulla, poiché non offre dati empirici a sostegno delle proprie tesi. Che gli sconti garantiti da Amazon siano soltanto “dumping” commerciale è possibile, ma non ovvio: va dimostrato, dati alla mano. Chi dice che quel 30-40% di sconto non sia reso possibile in primo luogo dalla drastica riduzione dei costi di un negozio on-line, comparato a una libreria fisica, alle economie di scala, ai molti altri fattori che possono rendere la grande distribuzione più profittevole rispetto alla piccola o alla media?

      Per quanto concerne i “prezzi gonfiati”, non escludo che tale pratica sia davvero in uso, ma quanti titoli potrà mai riguardare? Fino al 31 agosto Amazon ha offerto 235.000 titoli con sconti del 40%. Di quei 235.000 titoli, a suo avviso, quanti avevano un prezzo di copertina già gonfiato a monte poiché l’editore aveva previsto i supersconti praticati da Amazon? A mio avviso una risicatissima minoranza.

      4) I filosofi possono interrogarsi finché vogliono sulla giustezza (chi ha scritto giustizia?) dei prezzi. La prospettiva economica è più lineare, perché tende a circoscrivere i criteri di “giusto” e “ingiusto” alle preferenze soggettive di chi vende e compra. A me pare siano molto più “arbitrarie” le speculazioni filosofiche attorno al giusto prezzo di quanto non lo sia la legge della domanda e dell’offerta. Ma, anche qui, questione di opinioni. L’approccio economico, nella sua ristrettezza (e consapevole umiltà), insegna a mettere in guardia contro la falsa coscienza di quanti spacciano per “giusto” il prezzo che a loro fa comodo (cioè che tende a massimizzare, dato il contesto, il loro profitto).

      5) Ribadisco il mio punto di vista, sforzandomi di essere più chiaro.
      L’autore dell’articolo afferma che: a) vi sono Paesi con leggi anche più restrittive sugli sconti rispetto alla Legge Levi; b) in questi Paesi i tassi di lettura sono più elevati che da noi; ergo c) lo sconto non aiuta a diffondere la lettura.

      Ribadisco che questo ragionamento logicamente non regge.

      Mutatis mutandis, equivarrebbe ad affermare che: a) vi sono Paesi, X e Y, con una pressione fiscale più elevata di quella italiana (es. Scandinavia, Svezia); b) I suddetti Paesi X e Y hanno tassi di crescita economica più elevati di quelli italiani; ergo c) un abbassamento della pressione fiscale non favorisce mai, in nessun caso la crescita economica. Una conclusione logicamente – ancor prima che economicamente – assurda.

      Molti altri fattori, diversi dal prezzo, potrebbero far sì che in Francia, Germania e Svizzera le persone leggano comunque di più (si pensi al tasso di alfabetizzazione, alla qualità dell’istruzione primaria, alla diffusione delle biblioteche…), indipendentemente dagli sconti. Da qui la necessità di una verifica controfattuale.

      Perdoni la lunghezza. Cordialmente.

    • Mi permetto di replicare ai 3 punti finali:

      1. questa è una teoria del tutto personale a cui oppongo la mia (altrettanto personale e opinabile). I Dan Brown e i Moccia proliferano grazie alla televisione che è il media più penetrante e popolare. Anche se esistessero più “librai con cui confrontarsi” le grandi masse (perdonatemi l’espressione un po’ vetusta e parecchio snob ma non so come meglio definirla) continuerebbero a chiedere loro Moccia e DB. E se il libraio suggerisse qualcos’altro probabilmente cambierebbero pure libreria un po’ risentiti.

      2. concordo ma ci sarebbe il punto 3.

      3. ma chi decide cosa è degno di essere pubblicato e cosa no? Abbiamo citato Moccia e Brown. Io stesso ho definito un po’ altezzosamente i loro lettori delle “masse”, ma chi sono io per impedire loro di leggere la spazzatura? In nome della succitata rivoluzione culturale?

  13. salve Gaspare, un’ottima sintesi
    ho una libreria indipendente a Bologna e il suo sunto lo appenderò alla vetrina e lo stamperò per i miei lettori e lettrici più accaniti, e per suggerire una riflessione a quelli più critici

    buon lavoro

    Nicoletta Maldini, libreria Trame, Bologna

  14. Applausi per Tommaso M.

  15. Ai tanti liberisti all’amatriciana che invocano “il mercato” rispondo:

    Volete il mercato? E allora che mercato sia!

    Possibile che vi scagliate contro questa legge e ignorate le forti concentrazioni e gli oligopoli che ci sono nel mercato editoriale italiano? (anche nella filiera verticale, cioè di chi produce e distribuisce al tempo)

    E poi, un mercato dove ai due terzi delle case editrici italiane non viene concesso nemmeno l’ingresso può dirsi mercato?

    Sono quindi favorevole alla legge Levi, cerca di limitare un problema in mezzo a tanti altri irrisolti (e nascosti)

    Un grazie a Gaspare Bona per questo articolo

  16. Da ignorante in materia, per quanto amante delle librerie indipendenti, dico che così si rischia, tra un pò di tempo, lo scambio selvaggio di libri sotto forma di file.
    Comprendo il momento di crisi degli editori più piccoli, ma così potrebbe esser alla lunga un boomerang pericoloso.
    Le motivazioni della lettera al lettore sono belle da leggere, ma lontano anni luce dal reale mercato.

  17. Oggi è tutto un proliferare insopportabile di “ti spiego”, con al seguito un corredo di cifre, dati e citazioni esterofile senza fonte. E’ il caso?

    Per come la vedo io, questa legge è stata partorita dalla mente di qualche editore lobbista ottogenario che non si è accorto che il nemico pubblico Amazon aveva già in serbo diverse contromosse per disarmare la legge e metterla in quel posto a legislatore, piccoli e grandi editori, piccole e grandi librerie, ovvero:

    1) vendere libri italiani su amazon.fr/co.uk come oggi vende i libri francesi (al 35%) su amazon.it;
    2) usare la tecnica del used-as-new, per vedere libri nuovi come *fiscalmente* usati.

    Senza poi parlare dei buoni sconto, raccolte punti, tessere varie che le grandi librerie (amazon, ibs, bol, fnac, feltrinelli, per citarne alcune) continueranno a fare.

    Insomma: chi doveva essere colpito troverà una strada alternativa e chi doveva essere protetto avrà ancora meno spazio di manovra.

  18. A nome della Redazione di Finzonimagazine.it ringrazio Gaspare Bona per aver usato una nostra immagine a corredo del suo post. La prima parte delle nostre osservazioni, che rispondono anche a questo post, si trovano qui:

    http://www.finzionimagazine.it/news/approfondimento-news/la-legge-sul-prezzo-dei-libri-12-e-daje-a-amazon/

    Domani alle 12 la seconda parte.

  19. Due piccole considerazioni:

    1 – Un editore (essere immondo da colpire e punire, a quanto leggo), soprattutto un piccolo editore, non trarrà alcun vantaggio dall’eliminazione dei “super sconti”, per il semplice fatto che il prezzo al quale collocherà i suoi libri nel circuito della distribuzione non cambierà di un centesimo. Mi viene da ridere leggendo di “extraprofitti”, da piccolo editore vi posso dire che, per contenere i prezzi ad un livello tale da restare competitivi (pur facedo libri di assoluta nicchia e senza sacrificare la qualità che per me resta il punto più importante), bisogna vendere il 65/70% della tiratura per andare in pari con le spese di produzione. E con quello che avanza si pagano le spese di gestione. Fare libri, in Italia, eccetto forse per quei 5/10 grossi editori che si spartiscono l’80/85% del mercato, è una cosa che si fa per passione, non certo per diventare ricchi!

    2 – Anti Amazon? A parte il fatto che non ritengo sia giusto parlare di libera concorrenza quando la disparità di mezzi tra i vari “competitor” è astronomica, la politica di Amazon è quella di uccidere il mercato vendendo in perdita, ma solo per un po’, giusto il tempo di piegare tutti i suoi concorrenti. E poi di fare il bello e il cattivo tempo quando sarà rimasta sola sul mercato. Sbaglierò, ma questa mi sembra comunque una politica da osteggiare, sia che si tratti di Amazon che di altri. O vogliamo far passare il messaggio che sei hai più soldi puoi pemetterti di fare quello che vuoi? Detto questo Amazon continuerà ad acquistare alle stesse condizioni vendendo ad un prezzo più alto (o, più precisamente, meno scontato), quindi se anche vedrà ridursi il numero di volumi venduti probabilmente diminuirà il suo fatturato ma aumenterà il suo utile.

  20. Il sig Tommaso M dimentica un grazioso adagio socratico “diffidare delle analogie”. I librai indipendenti hanno svolto un ruolo nella diffusione del libero pensiero e della cultura che è importante quanto quello degli scrittori e degli editori. Hanno corso rischi come gli autori, si sono nascosti, sono fuggiti o hanno visto le proprie librerie incendiate. La concentrazione del potere ditributivo della carta igienica mi è indifferente mentre tenere una vasta distribuzione indipendente per il veicolo della cultura mi sta a cuore.
    Anche i suoi studi di microeconomia potevano continuare e includere qualche lezione di marketing per capire gli effetti degli sconti nei periodi prolungati ma tant’è.
    La legge è una vaccata, è il parto di una lobbi per difendersi dalla concorrenza in un mercato che si pretende essere come quello dei dentifrici.

    • Gentile Saboto,

      concordo pienamente con Lei quando scrive che “I librai indipendenti hanno svolto un ruolo nella diffusione del libero pensiero e della cultura che è importante quanto quello degli scrittori e degli editori.” Potrei dire lo stesso dei bibliotecari, degli intellettuali, dei molti soggetti che hanno mantenuto viva la cultura occidentale (e non solo) nelle fasi più oscure della storia umana. Ma qui, mi permetta, si discute dell’attività del libraio come operatore economico, come persona che si presume possa ottenere profitti e vivere del proprio lavoro. E il fatto che la categoria oggi sia in crisi forse dovrebbe spingere noi tutti a interrogarci sulle cause di questa crisi, e sulla capacità delle librerie indipendenti di intercettare oggi – oggi, non nel passato– le necessità, i bisogni e le aspettative del pubblico.

      Anch’io non sono indifferente all’assetto proprietario della distribuzione libraria e alle sue degenerazioni oligopolistiche, al contrario.

      Bisognerebbe però domandarsi se e in che misura la vendita on-line abbia ridotto il grado di pluralismo o l’abbia invece irrobustito. E, ancora, se e in che misura sia l’assetto del mercato librario a condizionare la cultura dei cittadini, o se invece non sia vero il contrario (e cioè che un popolo ancora largamente illetterato, in cui i lettori sono una ristretta minoranza, tenda ad esprimere preferenze sul mercato tali da premiare i grandi gruppi a scapito dei piccoli, favorendo la nascita di oligopoli).

      Aggiungo, per completezza, che “qualche lezione di marketing” fa in effetti parte del mio bagaglio culturale, ma sarei lieto di ascoltarne una da Lei. Cordialmente.

      • allora ricorderà dalle lezioni di marketing che uno sconto troppo prolungato perde efficacia e abbassa il prezzo percepito dal prezzo iniziale al prezzo scontato. questo porta a supporre che il prezzo di copertina sia “gonfiato.

        ribadisco che ritengo la legge una porcata frutto del lavoro di lobby di parassiti che puntano a difendere il loro libero mercato.

        mi piacerebbe però (e non sono libraio, sono solamente lettore) che le librerie in quanto soggetti indipendenti trovassero una loro valorizzazione, a prescindere dalla loro scarsa capacità di competere sul mercato. chi ha capito cosa sia successo con wikileaks non può rimanere neutrale di fronte ad amazon. in estrema sintesi bezos ospitava wikileaks che ha pubblicato delle cose che nessuno ha mai osato dire fossero false, alcuni han detto inopportune, altri scomode, altri “illegali”. il governo degli stati uniti ha fatto “bu!” e bezos ha spento wikileaks.
        ecco, e qui esprimo un parere strettamente personale non giuridico nè diplomatico, un libraio serio avrebbe continuato a distribuire la sua copia del “de dignitate hominis” o dell “elogio della follia” o di qualsiasi altro libro messo all’indice. e l’avrebbe fatto rischiando la bottega. bezos ha leccato le scarpe del padrone e aveva tutti i modi di mantenere una sua dignità.
        supponiamo che un testo qualsiasi risulti domattina parimenti inviso al governo italiano, americano o europeo. sono ora fermamente convinto che sia amazon che le grandi catene italiane lo metterebbero subito all’indice.
        la mia speranza è che mantenendo in vita 1000 librerie indipendenti io possa trovare i volumi banditi in almeno 5 o 10 di esse.
        il discorso esula dal campo strettamente economico, non si riduce all’iva agevolata o al limite sullo sconto di copertina ma mi pare sia implicito nelle scelte che stiamo facendo.

      • “Bisognerebbe però domandarsi se e in che misura la vendita on-line abbia ridotto il grado di pluralismo o l’abbia invece irrobustito.”

        Su questo spunto interessante riporto la mia personalissima esperienza: vivendo oggi in una piccola cittadina di provincia in cui ci sono solo un paio di piccole librerie “generaliste” (che fra l’altro, ben consce del loro monopolio, si guardano bene dal fare sconti o raccolte punti), poter acquistare libri online è stata per me una salvezza. Nelle librerie della mia città infatti posso trovare best-sellers e classiconi, ovviamente, ma non quello che più mi interessa per studi e per passione, che -per inciso- è qualcosa di molto poco battuto. Compro quasi esclusivamente libri di piccoli editori, e in particolar modo di qualche piccola casa editrice che si occupa del settore di cui mi occupo. Senza il web, avrei avuto moltissime difficoltà a reperire quei testi, che peraltro non ho quasi mai trovato scontatissimi (penso che il massimo dello sconto sia stato un 20% proposto dall’editore stesso sul suo sito, iniziativa che mi ha convinta a fare un cospicuo ordine). Dunque, posso affermare che per me il web è stato foriero di bibliodiversità e pluralismo, molto più di quanto non lo siano state alcune piccole librerie!

      • Gentile Saboto,

        replico qui al Suo post successivo, quello datato 1 settembre 2011 [non so perché, ma il sito non ha ancora (?) attivato la funzione di replica al suo messaggio].

        Come le dicevo, anch’io sono dell’avviso che un’offerta culturale articolata e plurale, nonché di una catena di distribuzione indipendente, sono un valore.

        Si tratta però di capire, alla luce della discussione in corso su questo sito, se sia necessario disciplinare per legge gli sconti o i prezzi dei libri per mantenere in vita quelle “1000 librerie indipendenti” di cui Lei scrive nel suo messaggio.

        Si prenda il caso degli Stati Uniti. Lì il prezzo è libero (un abominio per molti sostenitori della Legge Levi), Amazon ha una posizione dominante, gli e-book sono venduti assai più che da noi. Gli Usa sono spesso citati come esempio da evitare, un mercato librario deregolamentato che tende inesorabilmente al monopolio e all’omologazione, con conseguente desertificazione culturale e la concentrazione di un enorme potere di vendita in mano a pochi.

        Bene, appena qualche giorno fa il “Corriere della Sera” ci ha reso partecipi di qualche dato estremamente interessante, che pare in netto contrasto con i foschi stereotipi di cui sopra: http://archiviostorico.corriere.it/2011/agosto/19/resistenza_dei_piccoli_librai_co_9_110819043.shtml

        In pratica, nel regno del capitalismo selvaggio, le “1000 librerie” di cui Lei scrive sarebbero amentate, nel giro degli ultimi sei anni, di oltre il 400%!

        Lei mi ha sollecitato, in un post precedente, a diffidare delle analogie, e pertanto non pretendo di estendere le conclusioni che si potrebbero trarre dal caso americano alla realtà italiana.

        Ma ritengo vala la pena di chiedersi se oggi il tallone d’Achille di molte c.d. librerie indipendenti italiane non sia l’essere eccessivamente di nicchia (e quindi garanti di pluralismo), bensì l’esatto opposto: l’essersi allineate, in modo piatto e acritico, alle scelte della grande distribuzione; l’esporre soltanto i titoli di grido; l’avere standardizzato la propria offerta in base alle esigenze del grande pubblico sperando di accaparrarsi una pur piccola quota di quel mercato, anziché diversificare, specializzarsi, curarsi con intelligenza e intraprendenza di quei clienti (e ce ne sono) che non sempre sono adeguatamente serviti dai grandi operatori.

        Mi pare indicativo in questo senso quanto affermato dall’editore Marco Valerio sul suo sito: “Perché dovremmo essere interessati alla tutela delle piccole librerie indipendenti, che riempiono i propri scarni scaffali soltanto con l’ultimo successo editoriale sulle ricette amorose o con l’ultimo instant book? I nostri lettori, e sono per fortuna tanti, sono stanchi di ordinare libri a un libraio che risponde negativamente alle loro richieste, perché non ha voglia di ordinare il libro al distributore, oppure perché non può ordinarlo, a causa del chilometrico conto degli arretrati impagati.”

        Ritengo sia uno spunto di riflessione per tutti.

        Perdoni la lunghezza. Cordialmente.

  21. la cattiva fama di cui godono le più elementari regole del libero mercato in questo paese ha un che di affascinanante.
    Ogni lobby, anche la più sfigata, ritiene che esistano ottimi motivi affinchè il mercato in cui operano sia protetto dalla concorrenza. In alcuni limitatissimi casi questa richiesta è legittima, ma di solito e parlo di un numero prossimo al 100% dei casi a far nascere richieste di regolamentazione, leggi barriere all’ingresso e sottrazione dei prezzi al principio della domanda e dell’offerta, è una comprensibilissima volontà di difesa del proprio profitto.
    A leggere le motivazioni addotte a difesa di una legge comica e delirante sembra che i libri esistano per dar da mangiare alle piccole librerie/case editrici. Mestieri nobilissimi, ci mancherebbe ma a mio avviso i libri esistono poichè non essendo al momento praticable la telepatia, affinchè alcuni contenuti pensati da un gruppo di persone che chiameremo autori, arrivi a un altro gruppo di persone che chiameremo lettori, è necessario un supporto fisico, il libro che deve esere stampato, promosso e distribuito. Qual è il modo più efficiente affinchè il gruppo autori eil gruppo lettori siano soddisfatti? attraverso l’industria editoriale.
    Tutto il resto direbbe qualcuno che mi sembra su queste pagine assai popolare è ideologia.
    Compito dello stato, del governo, delle istituzioni è far sì che il mercato editoriale come tutti gli altri mercati o quasi, sia libero, non si verifichino concentrazioni o monopoli, che sian rimosse le barriere visibili e invisibili. Non di certo tutelare a danno dei consumatori il profitto degli attori.
    Uno stato, un governo, un parlamento può ritenere che sia proprio interesse e obiettivo favorire la crescita dell’alfabetizzazione, la circolazione dei libri, la diffusione della cultura, forse ma non ne vedo il motivo, anche tutelare la presenza delle librerie sul territorio. Le librerie vendono libri, se gli stessi li posso trovare a costo minore in rete, perchè devo artificialmente tenerle in vita? il consiglio del libraio, che mi piacerebbe sapere poi quanto sia realtà o mito, lo trovo molto più facilmente in rete dove di consigli anche assai più qualificati di quelli del signor mario, ce ne sono a migliaia. Ribaltare i costi delle delle inefficienze del sistema sui consumatori finali non è uno dei modi che uno stato decente dovrebbe utilizzare.
    Lascia poi increduli come tale intervento a gamba tesa del legislatore avvenga proprio nel momento in cui le vecchie rendite di posizione che vedevano di fatto un duopolio del mercato vengono infrante dall’ingresso di un nuovo attore che alle logiche paramafiose che caratterizzano il sistema italiano si sottrae.
    Che alla fine della storia io lettore debba pure festeggiare il fatto che da domani pagherò di più i libri mi sembra un ironia assai poco divertente. Addavenì kindle.

  22. @ Tommaso M. 10:48 am

    punto 4) su come si stabilisce il “giusto prezzo”

    tu dici: “il prezzo può dirsi “giusto” soltanto in senso soggettivo. È giusto quel prezzo che il singolo consumatore è disposto a pagare per acquistare un bene”

    purtroppo hai ragione: comprare un paio di jeans strappati di grido a 200 euro non scandalizza nessuno. Se dopo due anni di lavoro pubblichi un libro a 20 euro ti becchi degli insulti

    • Gentile Bart27,
      Lei mi cita e io colgo l’occasione per precisare un punto. Anch’io credo vi sia una sottovalutazione, da parte di molti lettori, dei costi che le case editrici debbono sostenere per pubblicare opere di qualità.
      Personalmente ho speso svariate migliaia di euro, negli anni, per acquistare enciclopedie o opere particolarmente costose, senza pentirmene, proprio perché ne apprezzavo i contenuti e il significato culturale. Viceversa non ho mai speso 200 euro per un paio di jeans! Conosco però svariate persone che hanno fatto l’opposto.
      Ciò che mi premeva ribadire è che, alla luce delle personali preferenze di ciascuno, la discussione sul “giusto prezzo” rischia di essere astratta e fuorviante. Cordialmente.

  23. Addio librerie italiane, Addio, grazie a Iddio conosco un’altra lingua e i miei soldi li spenderò solo ed esclusivamente in libri stranieri e su siti stranieri. Spero che finiate a fare la fame, solamente mi spiace che trascinerete con voi quanti possono comprare solo libri in italiano.

    Non mi stupirei se domani qualcuno proponesse un tetto massimo al numero di copie che possono essere vendute per un libro, e poi dicesse quali libri possono essere venduti e quali no; giusto per garantire “la bibliodiversità e la pluralità di idee”. Come diceva Ayn Rand non potrete sfuggire le conseguenze della realtà che sarà sempre e inevitabilmente più forte di quanto voi pensiate lo siano i vostri sortilegi – con cui tentate di falsarla.

    Pensate di saper fare il “prezzo giusto” più di quanto non lo sappia fare un libero mercato? Pensate di essere così bravi da poter manipolare il mondo e aggiustarlo sencondo la giustizia che vi aggrada? Farete la stessa fine e vi meriterete lo stesso destino di quelli che vi hanno preceduto: più miseria e meno opportunità, per voi e per chi obligate a seguirvi.

    Ma per obligare me a seguirvi dovete fare una legge che mi vieta di comprare all’estero. Buonanotte librai.

  24. @ a vari commentatori

    state idolatrando Amazon e difendendo la grande distribuzione al pari di un ipotetico contadino che si mettesse a difendere “l’uomo Del Monte” (quello vestito di bianco e con il panama in testa) per il sol fatto che ogni tanto gli regala mezzo ananas.

    viva il mercato dunque ! preghiamolo in ginocchio e affidiamo a lui le nostre vite e i nostri cervelli

  25. Dunque vediamo un attimo … in un momento di crisi in cui tutti si danno da fare per risparmiare il piu possibile dovrei essere felice di una legge che limita gli sconti sul prezzo dei libri ???

    Si certo ….

    Come al solito a tutti piace il libero mercato … possibilmente regolato dallo stato per far si che la concorrenza non faccia troppo male … ovviamente a danno dei soliti ( fessi ) consumatori.

    Innovation rules … in altri paesi pero

  26. Per me questa legge vuol dire che d’ora in poi leggerò romanzi in inglese, come già faccio con i libri tecnici. Ieri ho ordinato i miei ultimi 20 libri in italiano, su Amazon.

    Mi sembra una legge che impedisce a chi ha le capacità organizzative e distributive per offrire un prezzo più basso di farlo. Proteggiamo l’inefficienza con la legge. La mia esperienza con le piccole librerie è stata negativa: ordine di libri sbagliati, scarsa disponibilità di titoli, incapacità di dare consigli. Fino a ieri potevo discutere di libri su internet con altri lettori e poi comprarli su Amazon anche col 40% di sconto.

    Credo che i piccoli librai che offrono un servizio superiore non dovrebbero temere la concorrenza. Oggi invece si è scelto di cancellare la concorrenza e la possibilità di accedere ai libri a un prezzo minore. Non mi sembra che questo posso far bene ai lettori.

    Che schifo.

  27. A colui che si firma Gino Strada (decisamente ironica la faccenda): spero vivamente che qualunque lavoro tu faccia, presto o tardi venga qualcuno pronto a farti le scarpe, ad impedirti di fare quello che hai fatto per una vita, a guadagnarti onestamente il pane. E spero che in tanti siano pronti a sostenerlo così da farti girare estremamente i coglioni. Se devo essere sincero non posso che augurarti di leggere ancora tanti libri, perchè quelli che hai letto finora evidentemente hanno contribuito ben poco alla tua formazione di persona civile. Continua a vivere su internet, compra dove vuoi, fatti una vita li e non rompere a chi si spacca per vivere davvero. Goditi pure il libero mercato e spero davvero tanto che, come spesso succede, tu ne sia vittima. Sveglia bambin!

  28. …ed intanto Amazon nel messaggio in home page sembra già trovare vie alternative. E con gli sconti era facile anche orientarsi su titoli di piccole/medie case editrici che si stabilizzano sui 16/17 euro a libro senza uscire dopo qualche mese in economica (…come accade per Mindadori & Co.)

  29. La lobby dei librai e degli editori, attraverso i politici che momentaneamente la sostengono non si è inventata nulla di nuovo, almeno niente di più di quello che è già stato fatto in molti altri settori con simili leggi. Si vedrà anche in questo comparto che non si può fermare la forza del mercato e delle sue dinamiche con una sola legge. I piccoli editori continueranno a soffrire come i grandi continueranno ad avere sempre un vantaggio. Le piccole librerie sopravviveranno anche se le loro difficoltà continueranno, perchè non dipendono solo dal prezzo dei libri. Amazon non la ucciderà nessuno ed i lettori continueranno a comprare dove preferiscono perdendo solo in parte qualche beneficio. Non si avvererà nessuno scenario “da fine del mondo”. L’unico risultato sarà quello di aver aggiunto un’altra inutile legge che serve solo a complicare l’accesso al mercato, continuando a rendere il nostro paese sempre meno attraente per chi vuole svolgere attività commerciali e sempre più costoso per il consumatore finale.

  30. Vogliamo parlare anche della qualità sempre più scadente …. libri fatti con carta orrida, che dopo una stagione è già gialla e macchiata, incollati ( che fine ha fatto la rilegatura a filo a rete???) e sempre più spesso tradotti da traduttori dell’ultima ora, che usano il traduttore automatico e i congiuntivi non sanno cosa siano!!!!
    E ora ci negate anche gli sconti di Amazon ????
    E io dovrei pagare questa bella roba attorno ai venti euro per un libro appena uscito,o attorno ai 10 per un pseudo economico che tale non è ???
    Avete protetto la vostra bella lobby a danno del lettore, almeno non pretendete che noi vi si dia la pacca sulla spalla!!!!
    ( Io propendo per una bella pedata sul….)
    Spero vi si ritorca contro!!!

  31. P.S. Ma quanto vi rode che i lettori apprezzino Amazon????
    Ma davvero pensavate che fossimo così cretini da dare la colpa ad un distributore invece che agli editori della situazione da cloaca in cui versa il mercato librario ??????

  32. Ricapitolando sono a favore di questa legge i piccoli librai che riescono in questo modo a proteggersi dalla maggior efficienza dei grandi e grandissimi rivenditori.

    Sono contrari perché danneggiati tutti gli altri (compresi i piccoli editori da quel leggo su alcuni blog).

    Però i piccoli librai ci tengono a spiegarci che non è una posizione lobbistica la loro.

  33. Credo che sia inutile cercare di spiegare al pubblico i meccanismi nascosti di un mercato ormai all’isteria quando al lettore basta guardare il dito invece della luna.
    Se qualcuno gioca(va) sporco e vende(va) libri in perdita sperando di spazzare via la concorrenza (e quando sarà monopolista voglio proprio vedere se li farà gli sconti…), lo faceva con la complicità degli editori, o meglio di coloro che nelle aziende editoriali hanno obiettivi di fatturato da cui dipende la propria carriera ed un consistente bonus a fine anno. Se poi le loro azioni danneggiano alla fine della fiera proprio l’azienda in cui lavorano, non è affar loro, tra poco tempo saranno a far danni da un’altra parte.
    Noi, come librai indipendenti e specializzati e editori di nicchia abbiamo elaborato una ns risposta:
    NON diamo i ns libri alle catene nè ad Amazon (salvo, come IBS, che accettino di escluderci dalle politiche delle promozioni), perchè non condividiamo il loro modo di fare affari; preferiamo lavorare con librerie che credono nel libro in quanto prodotto culturale e non come omologo ad una scatola di pomodori o di tranci di pesce; cerchiamo di fare il prezzo migliore possibile tenendo conto delle basse tirature e della distribuzione limitata, sperando di aver fatto il migliore prodotto di cui eravamo capaci; la ns esperienza è che se il prodotto vale veramente, il lettore lo premia a prescindere dal prezzo.
    Ma non crediamo sia possibile far decidere al consumatore quanto sia giusto che noi facciamo profitto, secondo i suoi parametri personali (in gran parte influenzati da un giacobinismo strisciante – che a Roma si definirebbe “rosicamento” – per cui chi produce profitto è un affamatore del popolo); noi crediamo di poter stabilire autonomamente un profitto tale che ci permetta di mantenere la nostra attività e le ns famiglie – comprese quelle dei dipendenti -, che ci permetta investimenti in future pubblicazioni eventualmente anche a rischio o in perdita se riteniamo che valga la pena farlo, che ci permetta di remunerare il rischio di impresa e gli sforzi e la passione che mettiamo nel nostro lavoro. Se a qualcuno non sta bene, non compri il libro, ma non si faccia prendere in giro dagli specchietti delle allodole degli sconti e non ci dia del ladro.
    Negare che la legge francese e quella tedesca funzionino perchè si ha una ideologia differente è pericolosissimo: la realtà è sempre realtà, anche quando cerchiamo disperatamente di darle una interpretazione che vogliamo assumere a tutti i costi. La prova è che le vendite non hanno subito flessioni e che (e basta vedere su internet) i libri tedeschi e francesi costano meno di quelli italiani: è vero che lì si stampano tirature più alte, ma i bestseller italiani costano comunque di più.
    E basta a pensare che dietro ogni manovra ci sia sempre il solito manovratore: se c’è qualcuno in Italia che ha appoggiato e fornito libri ad Amazon, è proprio un’azienda del solito noto, che quindi si sarebbe allegramente dato una zappata sui piedi.
    La lobby che ha voluto questa legge (che, ripetiamolo una volta per tutte, NON risolve il problema delle librerie indipendenti, che non possono rinunciare a metà del loro guadagno) è quella delle catene che dovevano difendersi da Amazon, e che da anni, con le stesse logiche di Amazon, stanno tentando di monopolizzare il mercato italiano, eliminando , se non volutamente, di fatto, le altre librerie. Almeno alcune catene, che hanno ovviamente appoggiato la legge, hanno l’onestà di non ergersi a difensori della cultura e di non autonominarsi sacerdoti dispensatori di patenti di probità culturale come fa da qualche tempo la maggiore di esse, ma si limitano a fare i propri affari.
    Comunque sia, ognuno faccia ciò che vuole: chi auspica il trionfo del volume digitale mi saprà dire quando non riuscirà più a trovare un libro decente perchè milioni di aspiranti scrittori avranno l’opportunità di spargere le proprie “creazioni” nell’universo (almeno adesso le case editrici truffaldine che si fanno pagare dall’autore scremano il mercato sulla base della capacità di buttare via i propri soldi… è una sorta di tassa sulla megalomania), chi spera che il lercio libraio crepi di fame perchè nega quello che ormai sembre essere un diritto acquisito allo sconto mi saprà dire quando le scelte di quali libri vendere (e quindi in ultima istanza stampare) le faranno i buyer dei siti online sulla base della sola capacità di generare fatturato, chi osanna la vendita a distanza mi saprà dire quando le ormai moribonde poste italiane e le assolutamente incapaci società di corrieri perderanno o disguideranno centinaia di pacchi al giorno…
    Mi sembra che l’ultimo post sia illuminante. Speriamo che l’Uomo del Monte dica sempre NO!
    Buona lettura a tutti

    Angelo L.Pirocchi
    Libreria Militare, Milano
    Edizioni Libreria Militare

  34. Sono un vorace lettore, ma la maggior parte dei volumi che compro e leggo li trovo on-line all’estero, quindi questa legge non mi colpisce come lettore, ma mi colpisce come bibliotecario, visto che va a danneggiare direttamente i miei utenti.
    E’ falso che le piccole librerie fossero danneggiate da Amazon: basta affidarsi alla coda lunga (chi è del settore capisce) e sfruttare la rete come fa Maremagnum. Chi invece non sa usare la rete e i suoi linguaggi è giusto che si estingua.
    Il discorso è analogo con la vendita di stampe antiche in rete: l’Italia, che pure ha un patrimonio immenso, non è in grado di fornire servizi in rete degni di questo nome. Il risultato? Ottimi acquisti esclusivamente da negozietti all’estero.

  35. Non so voi, ma io che leggo un po’ meno di un libro a settimana non ho mai chiesto consigli ad un libraio. Leggo le recensioni, raccolgo frammenti di notizie (che so: dalla radio o dal web) e poi quando mi va, sulla spinta di questi suggerimenti, acquisto.

    Ora, facendo mente locale mi accorgo che i libri degli editori che conosco li acquisto sulla fiducia, mentre sto più attento con gli editori che non conosco. Ripensandoci ancora, mi sono accorto che gli ultimi 10 libri di piccoli editori che ho comprato, con prezzi di copertina tra i 14 e i 18 euro, li ho acquistati perché, a parità di condizioni, erano scontati oltre il 25%.

    Basandomi su questi dati e ipotizzando che la mia disponibilità economica rimanga la stessa, posso dire che il prossimo anno acquisterò quasi sicuramente solo editori che conosco e di cui mi fido, venendo meno lo strumento di persuasione principale: lo sconto, che permette a me lettore di conoscere senza troppo impegno un nuovo editore e all’editore di vendere i suoi libri al prezzo che ritiene più giusto. Non credo infatti che il prezzo dei libri scenderà del 30%.

  36. Chiaro, Semplice ed efficace!!!Bravo Gaspare!
    Belgravia librerie, Torino
    Luca Nicolotti

  37. Per citare il buon maestro Bruce Lee “si guarda il dito invece che la luna”.
    Io non entro nel merito se sia una legge buona o cattiva, solo il tempo ce lo dirà perché è entrata in vigore oggi e i “frutti” si vedranno tra breve.
    imho, alla fine chi legge comprerà lo stesso indipendentemente dallo sconto o dal prezzo, chi non legge non sarà invogliato ad avvicinarsi perché l’italiano medio vuole essere il più furbo di tutti.
    Io mi pongo un domanda (forse stupida) ma gli autori/scrittori/gente che scrive per vivere cosa ne pensano?

  38. Non credo che il casus belli sia stato Amazon, è da tempo che si tenta di mettere il cappio agli sconti.
    Questa è una legge che fa gli interessi delle piccole librerie. La loro esistenza dovrebbe dipendere dalla loro identità di proposta e, non meno importante, dal rapporto fiduciario con i lettori.
    Quando visito piccole librerie molto spesso noto che sono la riproduzione in piccolo della grande libreria, senza identità. Se aggiungiamo poi l’atteggiamento lobbistico, mi chiedo come possano ricucire quel rapporto fiduciario che legittima la loro esistenza.
    L’indipendenza non significa avere un’identità, la legge al massimo dovrebbe tutelare le librerie di proposta e non tutto il circo che contribuisce a mettere ombre su quelle realtà che se piccole, sono preziose.

    Mi rendo conto che i piccoli editori abbraccino questa legge nefanda perché hanno il problema di imporre i propri titoli presso i punti vendita ma poco si parla della strozzatura della distribuzione nel nostro paese. Perché? Se Amazon pratica sconti alti può anche significare che salta l’anello delle distribuzione. Anello che mangia una bella fetta del prezzo di copertina (per quanto sappia, il margine librario è massimo 30%, quello della distribuzione 20/30%).

    Si potrebbe anche pensare di imporre ai mega store una presenza obbligatoria di titoli in rappresentanza dei piccoli editori, come succede per le edicole che devono garantire la presenza delle testate. Ovviamente una piccola percentuale rappresentativa.

    La grande libreria, oltre che gli sconti, mi dà possibilità di scelta, di presenza del titolo e un luogo in cui perdermi.
    Mi capita di frequentare piccole librerie se ho idee chiare su un libro o se devo fare un regalo. Tuttavia, anche se mi offre l’opportunità di quattro chiacchiere di commento sul libro (sempre più rare) molto spesso non trovo il libro che cerco (escludendo i titoli classici che ogni libreria possiede) – la scarsa identità fa il resto.

  39. Io trovo questa legge onestamente assurda… e per alcuni semplici motivi:

    1) E’ anti concorrenziale ed anti costituzionale – “l’iniziativa economica privata e’ libera”. Queste menate di leggi fanno capire che l’iniziativa economica privata e’ libera solo finche’ una lobby non rompe abbastanza le balle alla(e) persona(e) giusta.
    2) E’ inutile – pensate che gli sconti siano il solo modo che “gli oligarchi” hanno per mettere in risalto certi libri rispetto ad altri?
    3) Implica che in consumatori sono una manica di cretini – I consumatori sanno scegliere. Non gli servono i negozianti di “librerie boutique” per capire cosa comprare. Possono leggere le review su amazon per capirlo – possono leggere le review di amici con cui ho gusti in comune per capirlo. Non serve la figura del libraio “Maestro Jedi.” E’ una caricatura irreale.
    4) Ha l’unico effetto di fare incavolare a morte i consumatori.

    Nascondersi dietro al dito del oltranzismo “biblio-culturale” e la “bibliodiversita’” e’ estremamente radical-chic (cito Daphne) ed un atteggiamento arrogante. Il prossimo passo e’ quello di bruciare in pubblica piazza i libri che ritenete spazzatura?

  40. Con questa legge i libri sono ridiventati un bene di lusso e le piccole librerie verranno surclassate dalle grandi catene appartenenti agli editori stessi i quali potranno fare “belle cose” essendo gli “unici padroni” dei prezzi di copertina.

  41. Non è a suo modo sintomatico che tutti i commenti dei lettori siano negativi (o indifferenti) e tutti i commenti dei librai positivi?
    Non vi dice nulla, no? Non vi fa suonare nessun campanello di allarme?
    Magari siete convinti che prima o poi le cose andranno come sperate e, in caso contrario, potrete sempre dire di averci provato. Magra consolazione.
    Ma per lettori ora siete come i tassisti, una casta che offre servizi a prezzi fuori mercato esclusivamente a gente che se lo può ancora permettere.
    Ma forse, ripensandoci, è proprio questo il progetto. Trasformare il libro in un oggetto per pochi, da stampare in pochi, preziosi esemplari da vendere a caro prezzo e mostrare in barocche vetrine.
    Forse volete diventare come coloro che nel 2011 vendono ancora dischi in vinile agli appassionati.
    Buona fortuna.

  42. Ma non era più semplice estendere gli sconti dei siti anche alle librerie indipendenti?
    Se Ibs, Bol, etc. fanno un accordo con l’editore per il 20%, allora anche il libraio ha diritto alle stesse modalità per i libri che ha o che gli vengono ordinati! Pari opportunità.
    Amazon non faceva accordi con gli editori, era un caso diverso.

  43. ALMENO UN FIORELLINO…

    La cosa che mi inquieta di alcuni, non solo su questo blog, è il livore col quale si scagliano contro la libreria e il libro di carta in quanto tali.

    Fossero semplici critiche non avrei nulla da dire, quello che noto è, appunto, il livore. Ma che male vi hanno fatto per odiarle così?

    Io userei toni del genere per chi mette un bambino a produrre scarpe che poi, marchiate, costano 400 volte di più la sua piccola paga…

    Brandendo il vostro kindle come una spada date un colpo secco, freddo, rancoroso (e superficiale) allo strumento che per secoli ci ha permesso di essere quello che siamo. Mi spiegate in cosa consiste il godimento? Non è una domanda sarcastica.

    Sono un luddista? macchè. Sono rivolto al futuro (anch’io ho il mio kindle), non faccio il bagno nella marmellata, e il mio primo browser si chiamava Mosaic… Ma su un certo passato non mi viene da sputare, mi viene da salutarlo, semmai.

    Insomma, mi inquieta il fatto che non sentiate il bisogno – estetico direi, prima che etico – di fare al libro di carta e al suo mondo un funerale almeno dignitoso.

    p.s. E alla conservazione non pensa nessuno? Chi di voi ha fiducia che un libro in epub, mobi, pdf o quant’altro sia ancora leggibile tra vent’anni? (e vent’anni, nel tempo dei libri, è quasi un attimo)

    • Ma forse ci si lamenta proprio perché quella carta la si ama talmente tanto che non si vorrebbe perdere il piacere di poterla annusare, sfogliare, portare in borsa, poggiare sul comodino e inzeppare nei colorati scaffali di casa! Di pdf legali e illegali è piena la rete, ci si potrebbe tranquillamente procurare ebook a costo irrisorio (quando non a costo zero) e leggerli con i kindle, ma il problema è che non lo vogliamo fare! Funerale al libro di carta? Mi sembra che gli unici che vorrebbero fare funerali alla cellulosa sono i sostenitori di questa legge. Quoto Isaia Panduri, giustamente inquieto davanti alla prospettiva che il libro di carta, già abbastanza elitario, diventi un pezzo da museo buono solo per collezionisti.

  44. Gentile Tommaso M.
    persevero nel non condividere le Sue affermazioni (alle quali purtroppo oggi non ho tempo e modo di contro-replicare con accuratezza… ah, se esistessero ancora dei caffè letterari, se ne potrebbe meglio discutere faccia a faccia e per ore di argomenti del genere!! E mi scuso in anticipo con chi riterrà questa mia sospirata affermazione insopportabilmente radical chic… puà).
    Ad ogni modo la ringrazio sentitamente.
    Le Sue riflessioni, per quanto da me non interamente condivise, sono interessanti e circostanziate. E’ questo il tipo di confronto e dialogo che mi piace. Noto con dispiacere che altre persone sono più interessate a riportare ogni giudizio ad una battaglia politica (Stella parla di un “innominabile bassetto”… ecco io credo che essere necessariamente “pro” o necessariamente “contro” Berlusconi a prescindere dai contenuti di una legge stia paralizzando il nostro paese… ed è per questo che mi auguro di liberarcene presto).

    Gentile Daphne… non mi ergo a giudice di nessuno. Ho letto Dan Brown con un certo piacere e penso comunque che una ragazzina che legge Moccia sia meglio di una ragazzina che non legge affatto… è la diffusione dei Dan Brown e dei Moccia in rapporto al resto che mi inquieta, e del resto anche Lei afferma che il mercato dei libri è invaso di spazzatura… Spazzatura!! Che termine dispregiativo!! E se la pensa così, perché se la prende con me se dico che non ho gran rispetto per gli autori citati?? Badi bene che non ho mai detto che non si dovrebbe venderli, ho detto solo che mi perplime il fatto che così tanti lettori – liberamente ci mancherebbe – li scelgano…

    E buone letture a tutti.

    • Spazzatura: non ho paura di pensare e di scrivere certe parole “dispregiative”, ché non amo nascondermi dietro a un dito. Ciò non toglie che a qualcuno la spazzatura potrebbe anche piacere, e noi non avremmo comunque nessun diritto di dirgli di smetterla di ravanarci dentro. A patto, ovviamente, che lo faccia per sua scelta e non perché non sa che uno scaffale più in là ci sono tesori inestimabili. Vorrei pensare che se uno legge Moccia lo fa perché, pur sapendo che esiste anche Elsa Morante, ritiene di non volersi impegnare in una lettura più complessa. Da studentessa, posso dire che la prospettiva del lettore medio e mediamente istruito è proprio questa: i miei colleghi raramente si avventurano in letture extra-universitarie, e quando lo fanno, preferiscono leggersi la saga di Twilight (per dirne una) piuttosto che Lévinas. E sicuramente non lo fanno per ignoranza “oggettiva”: quantomeno perché hanno sostenuto l’esame di filosofia contemporanea, sanno che esiste qualcosa oltre Twilight, ma non sono interessati a leggerlo. Ognuno cuocia nel proprio brodo, insomma: oggi abbiamo tutte le possibilità per affrancarci dall’ignoranza, dalla stupidità, dal semplicismo; se non lo facciamo, vuol dire che preferiamo sguazzarci.

  45. non bandisco il kindle come una spada contro nessuno, sono affezionato ai libri di carta e penso che i due supporti possano tranquillamente convivere. Detto ciò di fronte a un industria editoriale medievale, tutta protesa nella difesa dell’orticello e incapace di pensare a modalità di produzione, distribuzione, fruizione innovative, che tengano conto del lettore non solo come un pollo da spennare, penso che l’avvento dell’e-book sia una manna.
    Dieci anni fa reagire in questo moto demenzial corporativo alle novità portate dalla rete era comprensibile anche se stupido. Oggi scimmiottare le case discografiche in una caccia alle streghe già persa lascia basiti. Non ho dubbi che l’anno prossimo si venderanno molto meno libri che nel 2011, immagino che a Levi e tutti i disinteressati sostenitori di questo obbrobbrio freghi nulla. Trovo deprimente che chi vuole rendere l’Italia un paese ancora più ignorante lo faccia dandosi arie da intellettuale con funzioni pedagogiche attento alla diffusione della cultura.
    Fra le case editrici e i tassinari l’unica differenza è che i tassinari sono meno spocchiosi e solitamente più simpatici.

  46. @ zoom settembre 2, 2011 alle 9:13 am

    anche tu riversi un fiducia nel mondo online che è quasi messianica. Sembra che l’elettronica, gli e-book e tutto ciò che è digitale risolverà di colpo i nostri problemi.

    Gli e-book sono una innovazione, molto bella, non sono una soluzione, tantomeno una manna. I nodi e i problemi che esistono nel mondo editoriale classico, se non apriamo un po’ meglio gli occhi, ce li porteremo anche in quello digitale… dove le cose, per certi aspetti, possono pure andare peggio.

    Io dico solo, attenti ai facili entusiasmi. E ribadisco che non mi inquietano le critiche – che sono sempre benvenute – mi stupisce il livore, che – permettimi – traspare tra le tue righe senza che a condurlo sia un tassista

  47. diciamo che quando un lobby, parafrasando l’amato leader, mette le mani nelle mie tasche e pretende pure il mio plauso, un filo di livore mi nasce.

  48. @ Tommaso M

    ” Ma ritengo vala la pena di chiedersi se oggi il tallone d’Achille di molte c.d. librerie indipendenti italiane non sia l’essere eccessivamente di nicchia (e quindi garanti di pluralismo), bensì l’esatto opposto: l’essersi allineate, in modo piatto e acritico, alle scelte della grande distribuzione ”

    è verissimo, molte librerie indipendenti hanno perso la loro diversità e si sono allineate, ma questo argomento è tranquillamente utilizzabile in favore di questa legge.

    Con un minimo di tutela in più verso “il piccolo”, quest’ultimo oserebbe di più e differenzierebbe l’offerta rispetto alla grande catena. Diversamente, stretto da mille ostacoli e difficoltà economiche, tende ad andare sul sicuro (con risultati nell’imediato, ma, in prospettiva, suicidandosi)

    • Gentile Bart27,

      potrebbe cortesemente menzionare qualche esempio concreto di “tutela verso ‘il piccolo'”?

      In secondo luogo: mi spiega quale specifico incentivo avrebbe una libreria a specializzarsi e a diversificare l’offerta, se potesse vendere i best sellers (ossia i testi più profittevoli) agli stessi prezzi garantiti dalla grande distribuzione?

      Cordialmente.

  49. @ zoom
    settembre 2, 2011 alle 9:40 am

    ti aspettano nuove lobby caro Zoom, dal volto ben più indecifrabile, ne riparliamo tra qualche anno…

  50. @ Tommaso M.

    1)
    agevolazioni sull’affitto dei fondi.

    A Firenze, tempo fa, chiuse la libreria Seber, era lì dal 1865.
    Ma il mercato, che a voi piace tanto, preferì un franchising Max Mara.
    Si faccia un giro nel centro storico di Firenze e mi dica se è più bello e interessante ora rispetto a quando era un gioiello popolato di artigiani, artisti, librai, caffè etc.

    2)
    nessuno, per un motivo semplice. Una libreria indipendente non può, perché ha spalle troppo piccole, sostenere gli stessi prezzi della grande distribuzione

  51. Gentile Bart27,

    Lei mi invita a fare “un giro nel centro storico di Firenze” e a dirle “se è più bello e interessante ora rispetto a quando era un gioiello popolato di artigiani, artisti, librai, caffè etc.” Queste sono valutazioni soggettive. Potremmo avere gli stessi gusti in fatto di centri storici, ma resta il fatto che se determinate attività economiche chiudono (e altre aprono) non è per un diabolico complotto internazionale o per un’imposizione governativa, ma perché i consumatori modificano le proprie preferenze e cessano di usufruire di quei servizi. Le garantisco che non ho nulla contro “artigiani, artisti, librai e caffè”, ma ribadisco che le tutele di cui parla Lei hanno un costo, e questo costo dovranno poi accollarselo i consumatori (o i contribuenti). Il che spiega perché parecchi lettori – ad esempio quelli che non frequentano le librerie indipendenti – siano sinceramente inviperiti contro la Legge Levi.

    Per quanto concerne gli sconti, è stato Lei, non io, ad affermare che “con un minimo di tutela in più verso “il piccolo”, quest’ultimo oserebbe di più e differenzierebbe l’offerta rispetto alla grande catena. “
    Io le ho domandato quali specifici incentivi avrebbe una libreria a specializzarsi e a diversificare l’offerta, se potesse vendere i best sellers (ossia i testi più profittevoli) agli stessi prezzi garantiti dalla grande distribuzione.
    Lei risponde: “nessuno, per un motivo semplice. Una libreria indipendente non può, perché ha spalle troppo piccole, sostenere gli stessi prezzi della grande distribuzione”. O Lei ha cambiato opinione, oppure c’è un fraintendimento nella nostra comunicazione.

    Cordialmente.

  52. @ Tommaso M.

    credo ci sia un fraintendimento, ma mi soffermerei, in sintesi, sul punto di fondo.

    Lei dice: “resta il fatto che se determinate attività economiche chiudono (e altre aprono) non è per un diabolico complotto internazionale o per un’imposizione governativa, ma perché i consumatori modificano le proprie preferenze e cessano di usufruire di quei servizi.”

    Mi sta bene, ma diamo il nome giusto a questa affermazione, che io titolerei così: “il mercato decide tutto, e non si può mai regolare”.

    Lei dice: “le tutele di cui parla Lei hanno un costo”. Sì, hanno un costo, e in un paese civile si dovrebbero trovare risorse per tutelare e sostenere certe cose.

    Ho torto? Allora, che lo Stato abbandoni la tutela dei teatri italiani, delle compagnie stabili, dell’Opera. Il mercato, che a voi piace tanto, ha già condannato a morte queste realtà culturali, nel senso che coi soli biglietti staccati non andrebbero avanti per un solo giorno. Chiudiamo tutto?

    Fatto salvo che i soldi vanno spesi bene, senza clientele e senza sprechi, io sono contento che lo Stato dia dei fondi a realtà come quelle, come pure dovrebbe trovare risorse analoghe in molti altri settori della cultura, anche per aiutare le librerie che fanno per davvero il loro lavoro.

    In Francia hanno politiche ben diverse dalle nostre in fatto di cultura, in Italia siamo assuefatti a tagli di ogni genere su tutti i fronti, e con molta – mi permetta – ingenuità ci affidiamo a Sant’Amazon, che è buono e ci vuole bene.

    • Gentile Bart27,

      a me pare che Lei stia spostando il piano della discussione. Io ho presentato obiezioni specifiche e mirate all’articolo e alla legge Levi; non ho invece affrontato un discorso ad ampio raggio sull’opportunità o meno di sostenere determinate attività culturali ricorrendo alla spesa pubblica.

      Inoltre non ho sostenuto che “il mercato decide tutto, e non si può regolare”. Questa è un’indebita semplificazione delle mie tesi per finalità polemiche.

      La questione è assai più semplice: io non sono convinto – diversamente da Lei, a quanto pare – che le piccole librerie siano meritevoli di particolare tutela, e sono ancor meno convinto che tale tutela debba essere finanziata attraverso prezzi più elevati pagati dal consumatore-acquirente-lettore. Tutto qui.

      Se ciò comporta non condividere le politiche adottate da ciò che lei definisce “un Paese civile”, beh, mi siederò con la massima disinvoltura dalla parte dei Paesi che Lei considera incivili.

      Ovviamente Sant’Amazon non è buono e non fa il nostro bene (non più di quanto non lo facciano le piccole librerie): è un operatore economico e mira a conseguire degli utili. Nel contempo fornisce un servizio, un servizio che ognuno è libero di utilizzare, se lo desidera, o di non utilizzare, se preferisce servirsi altrove. Vale per Amazon come per qualsiasi altra impresa che opera nel settore culturale. E francamente non vedo alcuno scandalo in tutto ciò.

      Cordialmente.

  53. La “lettera” personalmente la trovo proprio patetica, con quel fastidioso refolo: <>. Se avevo qualche infinitesimo di dubbio sull’iniquità di questa legge, mi è stato tolto definitivamente. Tra l’altro, come molte “porcate” , viene approvata in agosto, contando sul fatto che i “polli” lettori abbiano ancora la testa alle vacanze con conseguente scarsa propensione ad informarsi.

    Personalmente trovo fuori luogo i toni trionfanti di questo sito: è una pia illusione pensare che siccome Amazon, Ibs, etc. non possono più praticare liberamente i loro sconti, tutti si riverseranno in libreria.
    Se io ritengo troppo alto il prezzo di un libro, semplicemente non lo compro (vedi trilogia di Larsson).

    Volete che i libri diventino oggetti da gioielleria? Fate pure, accomodatevi, fate un altra legge, stabilite che il prezzo “giusto” del libro sia calcolato sul suo peso in oro, ma non aspettatevi che i lettori vi applaudino per questo.

    Concludo rilevando che come al solito guardate agli altri paesi soltanto quando conviene, come se invece Gran Bretagna e Stati Uniti fossero realtà economicamente “non evolute”.

    Comunque la pensiate credo che rinuncerò d’ora in avanti ad andare in libreria per protesta.

  54. @ MM

    ” Concludo rilevando che come al solito guardate agli altri paesi soltanto quando conviene, come se invece Gran Bretagna e Stati Uniti fossero realtà economicamente “non evolute” ”

    io mi riferisco alla Francia e alla Germania portando ad esempio quanto da quelle parti lo Stato intervenga meglio e di più per la cultura

    mi riferisco anche a Gran Bretagna e Stati Uniti, dove almeno il mercato e il liberismo lo attuano veramente, nel senso che da quelle parti le norme anti trust sono una cosa seria e vengono rispettate

    in Italia, invece, c’è un liberismo all’amatriciana, che fa finta di non vedere le forti concentrazioni e gli ologopoli che ci sono nel mercato editoriale, e appena arriva una legge come la legge Levi che vuole controbilanciare (un po’) questa situazione, si stracciano le vesti

  55. @ Tommaso M.

    “il mercato decide tutto, e non si può regolare” non è una indebita semplificazione delle sue tesi, è la logica conseguenza di quanto lei scrive.

    Se non si regola il mercato editoriale creando pari opportunità per tutti gli attori, ma si lascia fare, non solo si mantengono gli attuali oligopoli, ma rischiamo di andare verso dei monopoli.

    E allora, quando lei dice “Amazon fornisce un servizio, un servizio che ognuno è libero di utilizzare, se lo desidera, o di non utilizzare, se preferisce servirsi altrove”, succede che quando vorremo servirci “altrove” non avremo un’alternativa disponibile.

    O lo Stato riforma l’intero settore, limita le concentrazioni – sia orizzontali che verticali – e crea le condizioni perché questo mercato sia un vero mercato, oppure, per ora, mi sta bene la legge Levi, per quel poco che può ottenere.

    Certo, ho volutamente spostato il piano della discussione verso degli aspetti di principio che sono sottesi all’ambito specifico di cui stiamo parlando: il tema è il rapporto stato-mercato, e se il liberismo puro è compatibile con il mantenimento di un buon grado di pluralismo in un settore cruciale come quello editoriale.

    La mia risposta è che il liberismo puro non basta, occorre che lo Stato (in qualche modo tra i molti possibili) controbilanci i suoi eccessi per tutelare cose, servizi e pratiche la cui importanza (in una democrazia) va ben oltre le mere logiche di guadagno; che non scandalizzano neanche me, ma mi preoccupano quando diventano il solo criterio che regola certe cose.

  56. A tutti i lettori inferociti contro la legge Levi vorrei segnalare che in Germania, dove è possibile praticare nessuno sconto, il prezzo medio dei libri è significativamente calato dall’entrata in vigore di questa legge. In Inghilterra e Usa, terra di deregulation senza se e senza ma, si è alzato. [v. preambolo dello stesso sen. Levi alla legge che porta il suo nome].
    Quanto al problema delle biblioteche, cerchiamo di inquadrare la questione: il problema è che in italia gli investimenti in cultura sono ritenuti fumo negli occhi: le biblioteche hanno dovuto da anni ridurre loro acquisti di libri e collezioni di riviste, e non certo a causa della legge Levi.
    Contano qualcosa le statistiche, gli studi, un approccio critico e non ideologico alle questioni in questo Paese?

  57. Gentile Bart27,

    i reciproci punti di vista mi sembrano sufficientemente chiari e, alla luce delle divergenze, credo che la nostra discussione possa concludersi qui.

    Mi limito a farLe notare che l’assunto da cui Lei muove – la tesi secondo cui “se non si regola il mercato editoriale creando pari opportunità per tutti gli attori, ma si lascia fare, non solo si mantengono gli attuali oligopoli, ma rischiamo di andare verso dei monopoli”- manca di un solido fondamento empirico, almeno nella forma in cui la presenta Lei.

    Come ho avuto modo di scrivere in una precedente risposta ad un altro lettore:

    “Si prenda il caso degli Stati Uniti. Lì il prezzo è libero (un abominio per molti sostenitori della Legge Levi), Amazon ha una posizione dominante, gli e-book sono venduti assai più che da noi. Gli Usa sono spesso citati come esempio da evitare, un mercato librario deregolamentato che tende inesorabilmente al monopolio e all’omologazione, con conseguente desertificazione culturale e la concentrazione di un enorme potere di vendita in mano a pochi.
    Bene, appena qualche giorno fa il “Corriere della Sera” ci ha reso partecipi di qualche dato estremamente interessante, che pare in netto contrasto con i foschi stereotipi di cui sopra: http://archiviostorico.corriere.it/2011/agosto/19/resistenza_dei_piccoli_librai_co_9_110819043.shtml ” (cit.)

    Questo per dire che un mercato più libero e scarsamente regolamentato non sempre si traduce in concentrazioni monopolistiche, ma può anche premiare la diversificazione e le nicchie (un +400% di piccole librerie in sei anni le pare poco?). Ancora a una volta, decide chi compra.

    Ma naturalmente è pienamente legittimo individuare in altre categorie – dai re filosofi ai regolatori, ai legislatori, agli uomini di cultura – i soggetti più idonei a stabilire quale sia il “giusto” prezzo e il “giusto” numero di negozi adibiti a vendere libri.

    Io, nel mio piccolo, simpatizzo per altri modelli.

    Cordialmente.

  58. @ Tommaso M.

    il solido fondamento empirico non mi manca caro Tommaso, la storia del capitalismo moderno è costellata di soggetti che si espandono e quando assumono dimensioni eccessive e pericolose per il libero mercato vengono tamponati.

    L’esempio che mi fa delle librerie americane indipendenti che aumentano avvalora la mia tesi (che, a dispetto dell’ironia finale del suo post, ha il lettore come giudice ultimo e non i re-filosofi) perché da quelle parti il mercato è vero mercato.

    in Italia, invece, si assiste a una carneficina di librerie indipendenti, anche e soprattutto perché c’è un mercato viziato da posizioni dominanti: per cui, o si accetta un intervento in loro difesa (cioè la legge Levi, che pur parziale e discutibile è meglio che niente), o si rende il mercato editoriale italiano un vero mercato, limitando lo scandalosa situazione di oligopolio in cui versa. Fatto questo, mi sta pure bene abolire la legge Levi.

    Ma sul fatto che l’attuale classe politica, capitanata dal proprietario del più grande gruppo editoriale italiano, si metta a fare norme anti trust e a poi le faccia anche rispettare, nutro qualche dubbio, anche se su questto specifico aspetto – lo ammetto – non ho un fondamento empirico a sostegno.

    buona fortuna allora, a tutti e due

    • @ bart 27

      buongiorno a lei,
      sono una lettrice arrabbiata che cercherà nel suo piccolo di sopravvivere a questa legge grazie agli scambi su anobii ed al mercato dell’usato e comprando al supermercato che fa sempre il 15% di sconto sui libri, quindi se devo scegliere preferisco risparmiare qualcosa su un libro e pagarmi un bolletta piuttosto che pagarla ad un libraio indipendente (sono egoista lo so!)
      comprerò pure nei punti vendita mondolibri, che come mi hanno immediatamente comunicato con un’email il 1 settembre loro da questa legge non sono toccati continueranno con i loro sconti. Sono punti vendita che in genere hanno sede nei negozi mondadori perchè sono mondadori, dia un’occhaita anche al sito libriincasa…. io dubito ma tanto che questa legge aiuterà le piccole librerie ed i piccoli editori, rafforzerà soltanto le posizioni dominanti che ci sono in Italia sia delle case editrici che degli editori
      rispettosamente
      marica p

  59. Una classica tattica… si passa da parlare di una particolare legge a discutere i meriti del salvaguardare gli unicorni della foresta incantata.

    Tornando al dunque:

    a) nessuno sembra poter spiegare in maniera “chiara” gli effetti positivi della legge. E per “chiaro” intendo senza giri di parole, senza introduzione di concetti astrusi come la “bibliodiversita’” e senza mettersi su un podio intelletualoide.
    b) non c’e’ un singolo consumatore contento con la legge su questo commentario. Le sole voci “pro” sono operatori nell’industria dell’editoria ed affini.
    c) la legge e’ passata. Avete la bicicletta. Ora pedalate.

    Sfortunatamente, credo che quando finira’ finalmente il rumore di tutte queste cannonate, ci ritroveremo in una situazione peggiore di quella iniziale. Dove i consumatori saranno visibilmente adirati e i piccoli negozianti e piccoli editori non riusciranno a sopravvivere lo stesso.

    Una legge non puo’ difendere prodotti e servizi obsoleti. Le piccole librerie (ma anche le grandi) devono trovare modi per risorgere dalle loro ceneri, centri di cultura dove la gente ha piacere ad andare e possibilmente spendere soldi.

    Pensate che in USA le librerie (book stores) non sono in pena? Borders e’ andata in fallimento e Barnes & Nobles non sta messo tanto meglio.

    Credetemi, amo il libro di carta… ma c’e’ un motivo economico per cui si sta tendendo al digitale su iPad, Kindle, etc… e si sta pensando al Just in Time Printing.

  60. Posso fare una piccola domanda? Perché è una cosa che mi lascia veramente senza parole.
    Se chi ha fatto questa legge è così in buona fede, perché neanche un telegiornale ha parlato della notizia? Vabbè che c’è la guerra in Libia e i politici lavorano in pieno Agosto, ma almeno un servizietto, un accenno piccolo piccolo potevano farlo…

    Mi sto adoperando per spargere la voce il più possibile, ma a quanto pare chi non ha aNobii e/o non si connette ad internet tanto spesso non ne sa niente.

  61. Cito il signore che ha scritto l’articolo:
    “Tutto questo – e qui devo chiederti un atto di fiducia – fa sì che questi gruppi possano proficuamente utilizzare la leva dello sconto per accaparrarsi o conservare fette di mercato, ma che il resto degli editori e delle librerie né siano praticamente esclusi (praticamente non sta per “quasi” ma proprio nel suo significato letterale di “nella pratica”).”

    Nessuna polemica, ma perché devo seguire suggerimenti su “cosa leggere” e “a quale prezzo” da chi non riconosce la differenza tra “né” e “ne”?

  62. Questa è una legge VERGOGNA! La cosa poi assurda, è che sia passata nel PIU’ TOTALE SILENZIO: non ho visto un solo Tg né un giornale, parlare di questa grande trovata ‘culturale’ che non fara’ altro che rendere la cultura ancora piu’ inaccessibile, élite di una ristretta cerchia che puo’ permettersi di pagare un libro 20 euro (perchè tutti gli altri non leggeranno o al limite, si vedranno costretti ad aspettare anni per acquistare lo stesso in edizione economica, con carta scadente e prezzi già vergognosamente maggiorati).

    VI SFUGGE TOTALMENTE IL SENSO DELLA REALTA’!!!!

    Allora, finché i piccoli librai e i librai indipendenti son stati fatti fuori da tutte le grandi catene che prolificavano senza controllo (Mondadori, Feltrinelli, Fnac, etc…) tutto andava bene, tutto era lecito.
    Nella citta’ di Catania ho visto decine di piccole librerie chiudere i battenti semplicemente perchè 20 metri piu’ in là c’era la nuova grande distribuzione, che garantiva una piu’ vasta scelta e sconti fino al 25% in alcune collane. Addirittura ti tesseravano e con la card magnetica, potevi usufruire del 10%.
    Che fine pensate abbiano fatto le librerie antiche, quelle con una sola vetrina stipata, i tetti ingialliti, demodé ma indipendenti?
    Allora, finché queste chiudevano, non gliene fregava una cippa a nessuno. “E’ la legge del mercato”, “è il grosso pesce che mangia il piccolo”.

    Poi, evidentemente, il colosso Amazon e la concorrenza in internet, hanno avuto la meglio anche sulle grandi catene: e quelli che erano pesci grandi, una volta, son diventati a sua volta pesci piccoli.

    E questo, ha dato fastidio a qualcuno.

    E allora sì, facciamola questa legge “taglia-gambe” ai lettori!

    ED è ASSOLUTAMENTE ABERRANTE, LEGGERE ALCUNI COMMENTI CHE SU TALE SITO SONO STATI FATTI DA CERTI LIBRAI CHE SI DEFINISCONO GLI ULTIMI BALUARDI DELLA GRANDE CULTURA: LE LEGGE LEVI ANCORA NON LI SODDISFEREBBE, IL TETTO DI SCONTO DOVREBBE ESSERE ABBASSATO AL 5% (COME IN FRANCIA). MA NON VI VERGOGNATE?!?!?!?!?

    Qui mi sembra che stiamo andando completamente di matto!

    Mettiamoci in testa una cosa: che il libro non è un bene di prima necessita’. E che nell’Italia della discoccupazione, nell’Italia del precariato, della benzina che aumenta a piu’ non posso, della gente che non arriva nemmeno alla meta’ del mese e che per poter campare tira la cinghia, cosa vi aspettate? Che vada a comprare il libro Einaudi di 20 euro piuttosto che mettere il piatto a tavola o pagare le bollette? Il mutuo? Il finanziamento dell’auto?

    Ma a parte i discorsi filosofici che amate fare, vi rendete conto di quello che dite?

    Io non credo. Come nessun politico con le chiappe adagiate a Montecitorio o a Palazzo Madama, si rende effettivamente conto di quella che è l’attuale condizione della gente normale. E invece di fare il paragone con gli altri paesi europei quando conviene (come la Francia e il suo 5%) perchè non lo facciamo per il resto? Perchè a nessuno preme sollevare la questione che siamo uno dei paesi con il piu’ alto livello di tasse nell’UE e che fra poco paghiamo anche l’aria che respiriamo?

    Basta anche guardare quello che sta accadendo a molte riviste di settore: giornali con un nome e una storia, come BravaCasa o Casaviva, stanno avendo grossi movimenti di crisi. Perché: chi spende euro 3.50 per una rivista? Lo fanno oggi in pochi, veramente pochi.
    Stanno invece sbancando i mensili che riescono a tenere un prezzo notevolmente piu’ basso a parita’ di qualita’ (se non maggiore, mi permetto di dire).

    E QUINDI, IN QUEST’ARIA DI COLLASSO PER IL CITTADINO, ECCO A VOI LA GRANDIOSA LEGGE LEVI.

    Che dovrebbe per magia, riportare in gara i piccoli librai e le loro librerie.

    Ma chi comprara’ piu’ libri rilegati? Ve lo siete chiesto? Tutte quelle fantastiche edizioni supercoralli-biblioteca Adelphi, etc…? Per non parlare di certi libri d’arte, fotografia, cucina (vedi Luxury Books) praticamente inaccessibili con la nuova legge. Ovvero, destinati solo a pochi eletti che durante il mese potranno spendere anche 50 euro per un solo testo.
    Se sei povero o fai fatica arrivare a fine mese, pazienza: la legge Levi è solo per ricchi!!!

    IO SPERO SOLTANTO UNA COSA: CHE ANCHE DOPO LA MESSA IN VIGORE DELLA LEGGE LEVI, LA GENTE CONTINUERA’ A COMPRARE DOVE COMPRAVA PRIMA.
    Per quanto mi riguarda, continuero’ a comprare su Amazon, Bol et similia: anche se proporranno sconti pari allo zero. I commenti di alcuni librai, letti in questo contesto, mi hanno talmente fatta arrabbiare e indignare, che davvero, non lascero’ piu’ un solo euro a questa casta di borghesi intellettualoidi il cui unico interesse è il profitto e non la diffusione della cultura!!!!!!!!

  63. Ecco un’interessante riflessione da parte di un editore dei mulini a vento

  64. Per l’ultima volta, e spero di spiegarmi bene e di non essere frainteso: questa è una legge che difende le catene da Amazon e non le librerie indipendenti (con tutti i loro difetti di “tiramento” intellettuale), ma è anche una legge che regola più correttamente, a mio modo di vedere, il mercato.

    Questo è un esempio di cosa succedeva fino al 31 agosto 2011:
    L’editore pensava che il prezzo “giusto” (cioè appetibile, plausibile, godibile etc.) di un libro fosse 21,00 euro; bene, credete che il prezzo fosse effettivamente fissato in 21.00 euro??

    se il libro fosse effettivamente costato euro 21.00, l’editore avrebbe introitato (a sconti standard) qualcosa in più di 10.00 euro, il libraio intorno ai 6.00 euro e la distribuzione un po’ meno di 5.00 euro, il lettore avrebbe pagato 21.00 euro o qualcosa meno con lo sconto presso una libreria, diciamo di catena; se lo avesse preso da Amazon con lo sconto del 30%. avrebbe risparmiato 6.00 euro, ed Amazon avrebbe guadagnato tra 0 euro e 5.00 euro (a seconda l’avesse preso dall’editore o dal distributore: visto gli accordi dii esclusiva, la prima ipotesi è la più probabile, dovendo affermarsi sul mercato ed essendo disposto a lavorare per un certo periodo in perdita)

    Se invece il prezzo fosse stato fissato in 30 euro, l’editore avrebbe introitato 15.00 euro, il libraio 9.00 e la distribuzione 6.00; il lettore avrebbe pagato da Amazon 21.00 euro comunque, o tra 30.00 e 24.00 se l’avesse comprato in una libreria “tradizionale” o di catena (ipotizzando per quest’ultima uno sconto promozionale del 20%)

    Voi cosa credete avrebbe scelto l’editore come prezzo al pubblico?? 21.00 euro o 30.00, sapendo che anzi con 30.00 euro il libro sarebbe parso, comprato a 21.00 euro, un vero affare ??

    E’ probabile che non tutti si facciano influenzare dallo sconto, ma va tenuto conto che “l’idea di fare l’affare” è una delle molle più potenti nelle attività fraudolente, specie se in combinazione con il sentimento di vendetta nei confronti di coloro che l’affare non lo vogliono far fare (Matteo Rampin, Fraudologia). non credo di dire esagerazione quando affermo che molte tecniche di marketing sfruttano le stesse identiche molle (absit inuria verbis)

    In questo senso credo che si siano mosse le leggi in Francia e Germania, i cui mercati non hanno visto calare, in assenza di sconti, i giri d’affari e anzi hano visto calare i prezzi dei libri.

    Pertanto è per questo che da libraio indipendente avrei apprezzato di più una legge alla francese, che avrebbe spostato la competizione più che sullo sconto sul servizio e sulla qualità “umana” del rapporto con il libraio. Come editore peraltro non posso che dar ragione a chi lamenta la scarsa capacità e poca voglia di servire il cliente che hanno molti colleghi librai.

    Ormai credo che su Amazon lo sconrto sarà mantenuto standard sul 15%, mentre le librerie di catena continueranno nella politica delle campagne e le librerie indipendenti non riusciranno comunque a sopportare il 15% fisso su tutti i titoli. Per loro l’unica (forse) via di salvezza potrà essere la specializzazione.
    Pertanto abbiamo rianimato per un po’ il paziente, ma lo perderemo comunque.

    Buone letture a tutti (dovunque li compriate)

    Angelo L. Pirocchi
    Libreria Militare Milano
    Edizioni Libreria Militare

    • I margini degli editori non sono molto alti, una casa editrice guidata con lungimiranza può avere mediamente margini del 3 – 4% (netto su investimento).

      La produzione editoriale è talmente vasta che si rende necessario il filtro distributivo e di libreria, libreria che sceglie di essere settoriale o finire con l’avere tutto e niente alla sto tempo. Soprattutto è questa caparbietà a volere tutto (e niente) a rendere irrazionale il sistema: l’editore deve raggiungere attraverso la distribuzione (che piglia la sua bella fetta) una miriade di punti vendita, garantire il lusso del reso. Tutto questo sistema genera perdite, perdite comunque pagate dal consumatore finale.

      Il punto è che non voglio essere io, lettore forte, a pagare le inefficienze del sistema e vorrei essere davvero libero nella scelta dei contenuti. Perché devo pagare il balzello della catena?
      In tutta questa “guerra” tuttavia credo che le piccole libreria non abbiano avuto molto potere – credo che il vero potere sia costituito dai distributori.

      Per le libreria on line, tuttavia imporrei solo l’obbligo di rappresentare il catalogo di tutti gli editori (che non vuol dire avere tutta la giacenza della produzione libraria) – giusto per evitare che un giorno non venga il capriccio di rimuovere dalla vendita un testo per ragioni politiche o ideologiche.

  65. ma voi credete ancora agli sconti?
    pensate che al giorno d’oggi gli sconti siano veri sconti?
    non capite che vi illudono di risparmiare, ma che in realtà è tutto calcolato dietro le quinte?

    io non mi intendo di libri, sono un commerciante ambulante

    quest’estate ho provato a vendere una partita di costumi mettendo subito un prezzo basso (7 euro) e senza sconti: ne ho venduti solo due

    la settimana dopo ho messo un cartello: 20 euro, barrato, 10 euro con sconto 50 per cento.
    Risultato: li ho venduti tutti in una mattina.

    quindi

    Stessi costumi messi a 7 euro, senza sconto: 2 soli venduti
    Stessi costumi messi a 10 euro (ma proposti a 20 col metà prezzo): tutti venduti

    chi ha fatto l’affare?
    chi è il fesso?

    • @commerciante ambulante, un caso di due giorni non fa statistica.
      e nell’acquisto di un titolo, mi perdoni, succedono cose diverse rispetto a quelle che portano all’acquisto del costume.

  66. Da lettore medio (arrabbiato) questi sono i miei pensieri, in breve.

    Internet vincerà sempre contro le librerie, perché (tolti gli sconti) permette di agevolare le decisioni e di prendere il libro comodamente seduti a casa, poiché il tempo di andare a sfogliare il libro in libreria non c’è proprio più. Inoltre come fornitura di libri, le librerie online non le eguaglia nessuna libreria “offline”, nemmeno le grandi catene.

    E’ vero: andare in libreria è tutt’altra cosa per noi appassionati. Però, Internet non toglieva e tutt’ora non toglie il piacere di andare in libreria a sfogliare libri e comprarne qualcuno interessante: questo però si può fare solo nelle grandi catene, che offrono tanta scelta e anche quell’atmosfera rilassante ed inebriante che la piccola libreria di paese, con i suoi due scaffali di libri del momento non ti offre.

    Lo sconto e le promozioni (“offline” ed “online”), che a volte erano l’incentivo per avventurarsi e scegliere nuovi autori o case editrici meno quotate, sono venuti a cadere. Se non caleranno i prezzi di copertina, ovviamente quei libri rimarranno sempre di più a prender polvere sugli scaffali. I libri “famosi” d’altro canto potranno fare il prezzo che vogliono: la gente li comprerà lo stesso.

    Grazie agli sconti praticati da Amazon (per quanto mi riguarda) ho scoperto e comprato libri che normalmente non avrei assolutamente comprato e come me credo molti altri appassionati di lettura abbiano fatto lo stesso. Inoltre, non credo che gli editori abbiano avuto di che lamentarsi: non credo che Amazon (o anche IBS, …) non gli abbia pagato il dovuto ed inoltre gli ha dato una visibilità tale che non credo uno scaffale possa fare altrimenti.

    Se avessi visto in libreria tali libri li avrei sfogliati, avrei visto il prezzo e li avrei rimessi a posto, dirigendo il budget mensile dedicato a libri del tutto diversi. Inoltre: dove li avrei trovati? I libri delle case editrici più piccole sono una prerogativa solo delle grandi catene e nemmeno lì ho trovato gli stessi libri.

    Concludendo: credo che i piccoli editori (ed anche i grandi) grazie alle campagne sconti di queste grandi catene (online ed offline) avevano più visibilità e più possibilità di vendere. Inoltre suppongo che gli editori non avessero ingenti perdite economiche, perché l’onere dello sconto ricade tutto su chi rivende il libro: il loro introito era costante ed, anzi, era maggiorato dalle maggiori quantità vendute. Probabilmente avrebbero fatto meglio ad abbracciare l’innovazione, invece di affossarla, perché adesso il consumatore, che è poi la persona su cui ricade il tutto, ci penserà due volte prima di comprare un libro. E chi tiene in vita gli editori? Il consumo. E se non c’è consumo…

  67. Fino ad ora saremmo anche stati presi in giro, con macchinazioni varie, ma io so solo che es. un libro da 10 euro prima su Amazon lo trovavo a 7 euro e adesso lo devo pagare 8,50 euro, quindi mettetela come volete ma alla fin fine io pago 1,50 in più !!!! Prima speculavano su di me , sono dispostissima a crederlo, anzi ne son certa! Ma ora non è che io fruitore finale sia stata liberata dagli inghippi precedenti, anzi, c’è un inghippo in più che mi fa spendere più di prima !!!!!
    Comunque sia come sia, io continuerò con Amazon, e a tutti gli altri dico Ciao, ciao .

  68. Oh santo cielo, ma voi veramente credete che i prezzi dei libri scenderanno grazie a questa legge?
    Secondo me è ingenuo, come comportamento… perché se c’è una legge che mette d’accordo politici di destra e di sinistra, vuol dire che non potrà MAI essere a favore del consumatore.
    Voi sognate pure: nel frattempo i prezzi di copertina non scenderanno – ad essere ottimisti, si stabilizzeranno – e saremo costretti a comprare senza sconti o con sconti praticamente nulli (oppure aspetteremo che Amazon attivi uno qualsiasi degli infiniti modi per aggirare questa stupida legge)

  69. @ Silvia

    il succo del mio esempio Silvia, era per far vedere che ho dovuto aumentare, anzi “drogare” il prezzo, così poi lo mettevo a metà prezzo.
    Limitare gli sconti può quindi servire a diminuire i prezzi, nel senso che limita una cosa che tende a farli aumentare

    @ hybris80
    ho raccontato solo un caso, ma è esperienza quotidiana.
    Per i libri so che è un’altra situazione, volevo solo raccontare la mia esperienza di come la gente reagisce di fronte ai prezzi. Io non sopporto aumentare i prezzi in modo da fare sconti, mi sembra di imbrogliare la gente, ma è così. Credimi, senza sconti, non vendi quasi nulla.

    • @commerciante ambulante
      No metto in dubbio che lo sconto sia una leva. Ma non compro un libro perché c’è lo sconto. E’ molto più semplice di quello che si possa pensare. Con internet si possono ottenere molte più notizie editoriali, l’editore può informarti su un nuovo titolo direttamente via email… prima quindi hai la consapevolezza che vuoi un certo titolo, poi cerchi l’offerente migliore. Non è come al mercato, benché ci siano anche per i libri gli acquirenti d’impulso. E sono gli acquirenti d’impulso che le librerie forse non vogliono perdere.

    • Gentile Commerciante Ambulante,

      ammettiamo pure che Lei abbia ragione: lo sconto è soltanto apparente, il prezzo viene “gonfiato” a monte in modo tale da mantenere inalterato, o addirittura accrescere, il margine di extraprofitto dell’editore.

      Inoltre sono perfettamente d’accordo con Lei quando afferma che uno sconto altisonante incentiva all’acquisto, alimentando in chi compra la percezione di “fare un affare”.

      Bisogna però tenere presente che anche la politica di “gonfia e sconta” (chiamiamola così) ha un limite intrinseco, e cioè la propensione marginale all’acquisto da parte del lettore-acquirente.

      Per quanto incentivato ad acquistare, il lettore non utilizza come unico parametro lo scontro, ma lo sconto in rapporto al prezzo.

      Del resto, se l’acquirente si basasse unicamente sullo sconto, Mondadori avrebbe tutto da guadagnare commercializzando l’ultimo romanzo di Dan Brown (per citare un autore di best seller) a 500 euro e a proporlo con lo sconto del 90% nei propri negozi. Ma, suppongo, Mondadori non adotta questa politica, perché – pur in presenza di un ghiotto sconto del 90% – soltanto un numero assai risicato di lettori sarebbe disposto a pagare 50 euro per un romanzo di Dan Brown.

      Lo stesso vale per i Suoi costumi: può venderli tutti a 10 euro scrivendo 20 euro sul cartello e ventilando uno sconto del 50%, ma difficilmente potrebbe venderli tutti scrivendo 500 euro sul cartello, ventilando uno sconto del 90% e vendendoli poi a 50 euro l’uno.

      Cordialmente.

  70. @ Nicola A.

    tu dici “I libri delle case editrici più piccole sono una prerogativa solo delle grandi catene”

    non è vero, nel mercato italiano una grande quantità di case editrici non hanno proprio accesso alla distribuzione, e se ce l’hanno è difficilissimo per loro entrare nelle grandi catene

  71. Nel caso dei libri lo sconto è solo un’agevolazione amata perché così il lettore accanito può leggere più libri con un dato TOT di danaro a disposizione, ma suddetti libri nel tempo li comprerebbe comunque …. ecco perché l’arrabbiatura, perché un libro di un autore che ami lo prendi in ogni caso e quindi sei soggetto ai capricci della lobby, lo sconto era una bella cosa per risparmiare un pò di soldi e avere ugualmente i libri che avresti preso e qualcuno in più per conoscere magari un nuovo autore che ti incuriosiva, io scelgo in ogni caso Amazon perché è slegato dalla lobby ( e relativi servi politici) dei grandi editori Mondadori Feltrinelli ecc, ha una politica più attenta al lettore ( altra cultura commerciale diversa dalla nostra dove sei solo un pollo da spennare).
    Ieri guardavo il sito di Euroclub, e a lettere cubitali era scritto che loro non erano soggetti alla legge sugli sconti , e che tutto restava quindi invariato, e che avrebbero continuato ad applicare anche sconti fino al 7o % ……( in caso dell’Euroclub si che ti spennano , mettono i prezzi dei libri appena usciti , anche se la versione economica è già uscita da anni e te li sconticchiano loro si , davvero in maniera fasulla, tanto che comprando da loro alla fine paghi un prezzo pieno e in più ti addebitano pure le spese di spedizione!!!)
    Quindi se sei un “club” non sei soggetto a questa legge?
    Quindi se Amazon prendesse lo statuto di “club del libro” si svicolerebbe da stà legge???

  72. @bart27
    sarebbe impossibile credo: non è che siano pochi gli editori.

    credo che se volessero, però, potrebbero sfruttare internet come una grande vetrina e anche Amazon di cui tanto si sparla: si mette qualche libro nel marketplace e il risultato esce come correlato o in una ricerca… magari allegare un capitolo per aiutare il lettore a decidere e abbassare il prezzo di copertina può aiutare.

  73. “La Legge Levi non impone né regola in alcun modo il prezzo di copertina, che in maniera assolutamente libera viene determinato dall’editore. Dunque non elimina la concorrenza ma la sposta dallo sconto al prezzo di copertina del libro” così scrive Bona, così ripetono editori e librai da mesi. Per essere vera questa affermazione io dovrei avere sul mercato almeno due edizioni differenti, con prezzi differenti, della stessa opera. Questo non può accadere MAI per le opere coperte dal diritto d’autore, perché i contratti che vengono firmati dagli autori sono esclusivi. Quindi è FALSO, non c’è concorrenza tra gli editori “sul prezzo di copertina del libro”. O meglio c’è, solo supponendo che il lettore non sia interessato ad uno specifico romanzo, ma solo ad acquistare genericamente un romanzo, solo supponendo che il lettore non sia interessato ad uno specifico saggio di un certo determinato autore, ma solo ad acquistare un saggio su un certo argomento. Questo può accadere, ed accade, solo in alcuni casi, per esempio se cerco una guida turistica, in generale però il lettore vuole acquistare un’opera precisa e il mercato editoriale in questo caso NON OFFRE CONCORRENZA. La concorrenza offerta dallo sconto era dunque l’unica possibile. Credetemi è una vecchia storia, vecchia quanto l’invenzione della stampa, il mercato editoriale ha sempre lavorato per impedire la vera concorrenza tra gli editori, cioè per impedire che ci potessero essere edizioni differenti di una medesima opera tra cui scegliere. Noi siamo così abituati a questa che dovrebbe essere un’anomalia, che neanche la vediamo più e NON LA METTIAMO MAI IN DISCUSSIONE. Gli editori hanno piegato il diritto d’autore e la convenzione di Berna ai loro interessi, trasformandoli attraverso lo strumento del contratto d’esclusiva in un privilegio monopolistico.
    Caro Bona, cari mulini a vento, non vedete che il problema per noi lettori non è la mancanza di sconti, o il prezzo dei libri: il nostro problema è la TOTALE mancanza di libera concorrenza nel commercio librario. Voi decidete cosa possiamo leggere e quanto dobbiamo pagarlo, in un mercato interamente protetto dalla libera concorrenza. Immaginiamo di entrare in un supermercato dove potessi acquistare pelati solo della CIRIO, il pesto solo BUITONI e solo i sughi pronti della BARILLA: sarei libero di scegliere come condire la pasta? Direste che sono in un regine di concorrenza, perché il pesto è un’alternativa in concorrenza con i pelati? Non è invece nel potere acquistare pelati da aziende diverse, CIRO, BUITONI o BARILLA, che consiste la libera concorrenza? Prezzi alti, prodotti scadenti (nel senso di traduzioni dilettantesche o libri che si sfasciano solo per il fatto di essere letti!) e aziende inefficienti sono il frutto del monopolio e del protezionismo in cui sguazza il mercato editoriale. Spero che questa legge serva ai lettori ad aprire gli occhi su cos’è davvero il mercato editoriale in generale e a metterne in questione le fondamenta.

  74. @ Silvia: Posso sbagliarmi, ma Euroclub e simili posseggono lo status di editore: per questo possono decidere liberamente il prezzo, diversamente da Amazon che invece è solo un rivenditore.

    Per quanto mi riguarda continuerò a servirrmi da Amazon, e non andrò più in nessuna libreria per protesta contro la questa brutta legge e contro chi la sostiene.

  75. @ Tommaso M.

    sì, c’è un limite all’assurdo, ed è chiaro che non metterei mai un costume a 500 euri con sconto del 90 per cento, e quindi? insomma non capisco il succo della sua obiezione

    io volevo solo fare un esempio di come oggi la gente reagisce ai prezzi, ne ho esperienza quotidiana, sul mercato del libro non ne so nulla… ma anche i libri sono merci

    e io devo assolutamente fare sconti, ormai è così, la gente li vuole, e io un po’ sono a disagio perché è diventata una cosa eccessiva, loro pensano di fare un affare ma non è così, devo sempre alzare il prezzo e poi fare lo sconto, mi credi, mi sembra di imbrogliare.

    una cosa è quando ho gli ultimi pezzi di uno stok, e allora li svendo, è normale, ma ormai anche quando inizio uno stock devo subito scontarlo.

    io ho scoperto per caso questo blog perché sto alla ricerca spesso di altri commercianti che non hanno voglia come me di fare questo marketing un po’ imbroglione, se resto solo e faccio subito il mio giusto prezzo senza sconto non vendo quasi nulla, perché tutti gli altri banchi fanno super-sconti, che come ben so sono finti sconti e allora li devo fare anch’io

    ma sono anche contrario a fare troppo questa pratica di sconti anche per una ragione non solo di correttezza mia e del disagio che mi sento addosso, ma proprio di vendita, perché ho avuto esperienza che così i prezzi aumentano, eh sì, e se i prezzi aumentano alla fine vendi meno

    • Gentile Commerciante Ambulante,

      il succo della mia obiezione è alquanto semplice: per quanto gli sconti rappresentino una strategia di marketing efficace per manipolare le preferenze degli acquirenti, non hanno un potere assoluto. Ragion per cui io mi guarderei bene dal demonizzarli, anche nel campo del commercio librario.

      Essi sono certo – come ho scritto – un incentivo all’acquisto, ma alla fine la scelta di comprare o meno compete al potenziale acquirente, indipendentemente dai motivi che lo inducono ad agire in quel modo. Lei, venditore, non esercita alcuna forma di coercizione nei loro confronti, certamente non una coercizione superiore a chi pubblicizza in vario modo i prodotti che vende.

      Sul fatto che praticare sconti robusti a partire da un prezzo gonfiato sia una “furbata”, posso convenire con Lei. Ma alla fine questa “furbata” Le permette di ottenere ricavi superiori e spinge più persone a comprare.

      Se la dinamica che Lei descrive si applicasse anche al mercato librario (alcuni credono di sì, altri lo contestano) ciò significherebbe maggiori profitti per gli editori, più libri venduti e – probabilmente – un numero maggiore di lettori. Non un cattivo risultato.

      Certo, ciò comporterebbe un forte indebolimento dei piccoli intermediari, coloro che non riescono a garantire sconti pari al 30 o al 40% e che rischierebbero l’espulsione dal mercato. Il che è appunto ciò di cui si discute su questo blog.

      Ma uno scenario in cui sconti applicati a prezzi gonfiati spingono più persone ad acquistare più libri dovrebbe essere salutato positivamente da chi si batte per una maggiore diffusione del libro (e, indirettamente, della cultura).

      Cordialmente.

  76. morte del libero mercato (danneggiando cosi i consumatori)…. vabbè, ma siamo in Italia e vedrete che fatta la legge, troveranno un modo per saltarla…

    “Dunque spostare la concorrenzza dallo sconto al prezzo di copertina ha l’enorme pregio di dare l’opportunità di esistere a un numero molto alto di editori e librai. E questo, dal punto di vista culturale, ha un’importanza fondamentale, perché garantisce la bibliodiversità e la pluralità di idee. ”

    boh, allora dovremmo cominciare anche finanziare tutte le industrie morenti o che producono prodotti inutili: in questo modo potremmo garantire la biodiversità e la pluralità dei prodotti..

    Boh, contenti voi editori (piccoli), noi consumatori (tanti) un po’ meno.

  77. ah. Naturalmente, grazie ad Amazon et Co sono riuscito a trovare tantissimi libri di editori piccoli che non trovavo nelle librerie normali.
    ah, Naturalmente, non entrerò più nelle piccole librerie, anzi comincerò a leggere libri in lingua straniera (dunque non soggetti a leggi Levi). Sarà la volta che perfezionerò il mio inglese.

    GRAZIE!!!

  78. Gentile Sig. Bona,
    sono una lettrice che legge mediamente in un anno tra i 130 e i 150 libri e non potendomi permettere materialmente l’acquisto di questi libri a prezzo pieno aspettavo con ansia gli sconti del 30% (es. la casa editrice TEA, che pubblica già economica, per farLe capire il mio budge di acquisto dei libri) ed oltre.
    Per esempio lei parla di un libro a 14 euro senza sconto non è meglio di uno a 20 con sconto? Si, ma io posso permettermi solo un libro a 14 euro con lo sconto del 30%.
    Se adesso la legge Levi mi toglie questa possibilità io dovrò comprare meno, o fare molta più fatica nel comprare libri. Questo perchè dovrò mettermi alla ricerca nei mercatini dell’usato e nelle bancarelle. Considerando che questa legge penalizza anche le biblioteche che dovranno acquistare meno libri, visti i miseri finanziamenti statali, non potrò usufruire neanche di questo servizio.
    La legge auspica un abbassamento del prezzo di copertina del libro che io spero vivamente ci sarà, ma non essendo ottimistà della realtà editoriale italiana non ci credo affatto. Staremo comunque a vedere e ben venga un abbassamento dei prezzi. Notando che alcuni libri in edizione economica sono venduti già a 12/14 euro, e io comunque non posso permettermelo, sarà difficile che potrò comprare le prime edizioni a prezzi di compertina inferiori.
    E se credete che io sia l’eccezione potrei presenterLe di persone altre 20 persone che sono nella mia stessa situazione, e se ne vuole conoscere di più La invito a leggere il gruppo “Lettori precari” su Facebook (http://www.facebook.com/groups/195048217215096/)
    Vorrei anche distiguere il discorso dai libri cartacei dagli ebook. Premesso che per il mio modesto parere ebook a 5,00 euro sono cari, questa legge secondo me non aumenterà la vendita di quest’ultimi. Per ovvi motivi, ma i due che mi vengono in mente ora sono:
    – il fatto che per leggere un ebook è necessario un ereader, che mediamente costa dai 100 ai 300 euro, e non tutti se lo possono permettere: E’ come se mi regalassero una sella senza cavallo.
    – il fatto che il buon vecchio lettore è amante del libro, non solo del leggerlo, ma lo vuole odorare, sentirlo con le mani e e vederlo nella sua libreria.
    Infine, non posso non dare ragione al Sig. Tommaso, quando afferma che è ingiusta una legge che salvaguarda il “piccolo” imprenditore editoriale senza salvaguardare anche il piccolo imprenditore di altre attività. L’editore e il librario quando entrano nel mercato sono consapevoli delle leggi, scritte o meno, che lo governano e se chiudono è perchè il lettore, che non è stupido, non vuole le sue offerte, o la crisi generale, non permette loro di essere aperti.
    Non nascondiamoci dietro ad un dito, perchè io conosco piccole librerie che non effettuavano neanche gli sconti degli editori, mantenevano il prezzo pieno. Ovvio che io non entravo neanche e mi rifugiavo nelle grandi catene o su internet.
    E con l’avvento di internet, oltre al fatto che era migliorato il servizio di vendita di libri tramite i siti, è migliorato ed è aumentata la possibilità di ricercare informazioni sui libri e quindi è venuta a cadere la figura di quel libraio/consulente, che diciamoci la verità, su alcuni generi potrei essere io a consigliare a lui, con modestia tutto ciò, ovviamente.
    Sentitamente
    Sara

  79. ah. Mi comprerò un ebook reader e mi piglierò libri digitali. Vediamo come i medi e piccoli librai mi verranno incontro.

  80. @ ai difensori del libero mercato

    mi fa molto piacere scoprire che siete così numerosi

    ma vi faccio presente che quando soltanto adesso dite “il libero mercato è morto” arrivate molto tardi, nel senso che il libero mercato era già non dico morto, ma azzoppato da un pezzo.

    In molti non vedevate, perché stanno dietro le quinte, le forti concentrazioni che ci sono nella produzione e nella distribuzione. Non sapevate, e continuate a non sapere, che la distribuzione è preclusa a monte a moltissime case editrici, indipendentemente dalla qualità delle loro pubblicazioni. A monte, capito?

    Ed è un discorso che prescinde da carta o online: le concentrazioni eccessive (specie quelle della filiera verticale, cioè di chi contemporaneamente produce e distribuisce) vanno vigilate sempre, e, nel caso, combattute.
    In altre parole, le opportunità che i nuovi media offrono sono un’ottima occasione – intendetemi – per “raddrizzare la barra del timone”, ma non è affatto scontato e automatico che ciò avvenga.

    Sono sicuro che quando difendete il libero mercato ci credete davvero, e il vostro non è un fuoco di paglia provocato soltanto dalla limitazione degli sconti, quellì sì facili da vedere, perché davanti le quinte.

    Mi auguro quindi che le discussioni che questa legge ha provocato siano una base per una discussione ben più ampia che porti a una riforma seria (e giusta) del mercato editoriale italiano.

    La politica attuale non affronterà mai un tema del genere (ce lo vedete il proprietario di Mondadori che riforma l’assetto dell’editoria italiana?): ci vuole quindi una spinta – consapevole, e bella forte – dal basso.

  81. @ hybris80

    è da almeno 20 anni che protestano per le eccessive concentrazioni del mercato editoriale italiano, ma finora non se li è filati nessuno !

    • @bart27
      Infatti proprio perché non sono una lobby, la loro voce a me non è arrivata.
      Dubito che a loro interessi realmente questa legge e che abbiano spinto a farla approvare (con quale forza poi).

  82. vedremo quando “gli e-book” spopoleranno, cosa diranno i “piccoli editori”

  83. Fatta la legge trovato l’inganno?

    Nella puntata di ieri del TG locale, parlando di aumenti dei libri di testo, un piccolo libraio lamentava che la grande distribuzione offre “sconti” superiori al 20% in quanto parte del prezzo viene “rimborsata” con buoni spesa.

    Personalmente mi devo ancora imbattere in offerte del genere, a qualcuno è capitato di vederne?

  84. Oggi, sulla vetrina della mondadori, si poteva leggere “con un acquisto di 20 euro avrete un buono da 3 euro da spendere in libreria”. Come diceva qualcuno prima, fatta la legge (ed approvata da questo governo) trovato l’inganno.

  85. fiuu… mi ero quasi preoccupato. Speriamo che ora i venditori “seguano” questa tendenza: si ritorna a comprar libri allora.
    Beata Italia

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