Tardi e per quel che conta, aderiamo alla mobilitazione di editori, librai, scrittori e lettori per bloccare la cosiddetta “legge sul libro” o “legge Levi”. E’ già passata alla Camera e verrà discussa martedì in Senato.
Questa legge metterà in difficoltà i piccoli editori e metterà a rischio la sopravvivenza delle librerie indipendenti, quelle che privilegiamo nei nostri tour di presentazioni, quelle dove un evento come la presentazione di un libro è davvero “sentito”, quelle che purtroppo muoiono già come mosche, a volte uccise prima di nascere, e chi ancora resiste è campione di salti mortali.
Quando i librai indipendenti riceveranno il colpo di grazia, le grandi catene si prenderanno finalmente tutto il piatto. I loro padroni si mangeranno tutto e faranno pure la scarpetta. Non una lacrima da coccodrillo cadrà dai loro occhi. Non piangeranno nemmeno quelli “progressisti”. I “progressisti” (che negli appelli tanto fichi stan sempre dalla “parte ggiusta”, cioè contro di Lui) sono gli stessi che da anni avanzano nelle città come schiacciasassi, uccidendo la “biodiversità” culturale metro quadro dopo metro quadro.
Cionondimeno, essi sono buoni. Buoni e alternativi. Di sinistra. Non fanno parte del Problema, perché in Italia ha diritto a esser chiamato “Problema” un solo problema. Quello rappresentato da Lui.
E mentre tutti rimirano Lui, gli Altri fanno man bassa. Man bassa. “Contro” o “in combutta” con Lui, ormai fa lo stesso.
Tocca ribadirlo: il post-berlusconismo farà schifo e orrore quanto il berlusconismo. Ci entreremo a furia di cazzate, una appresso all’altra, marciando agli ordini di padroni “buoni”. “Buoni” e, chissà, forse pure “sovversivi”. Rivoluzionari. Troppa grazia!
E’ come dice Mario Tronti: «Il problema non è il Cavaliere, il problema è il Cavallo». Il cavallo, cioè «questo modo d’essere che occupa le nostre vite e che osa sempre di più per avere un comando assoluto, modo d’essere di privilegi intoccabili, di poteri arroganti, di ingiustizie palesi, di sistema di leggi eterne, oggettive, dicono, nei cui confronti non c’è niente da fare se non piegarsi e obbedire.»
Tronti in quell’articolo non parlava della legge Levi. Parlava di Pomigliano. Invitava ad «ascoltare i NO di Pomigliano». Diceva che, se la politica a vocazione alternativa avesse ascoltato quei NO, «un popolo avrebbe respirato». «E certo», aggiungeva, «non il popolo viola, che cercasi invano nei dintorni del problema Pomigliano».
Nelle settimane scorse abbiamo assistito a un massiccio sperpero di neuroni e di energie in anguste e maldirette campagne d’opinione finalizzate a vessare e mettere all’angolo presunti scrittori “reprobi”.
Ora i resti di quella che fu annunciata come una delle campagne più radicali e di massa degli ultimi anni giacciono inerti in blog e gruppi di Facebook aperti con troppa orgogliosa sicurezza e già fermi come paracarri, annuncianti iniziative radiose per date che abbiamo da tempo alle spalle. Remember, remember, the 10th of September.
Come? Non remember? Infatti. Quel giorno non è successo niente.
Come non essere d’accordo col collega Marco Rovelli? «Più importante sarebbe (stato) un dibattito approfondito, con interventi impegnati e appassionati degli intellettuali di maggior peso, intorno alla legge Levi». E su questo non possiamo che ripeterci (lo scriveva WM4 nell’ultimo thread sull’Annosa Questione):
«Il desiderio di semplificazione che ormai ha contagiato la società italiana è il principale sintomo della vittoria psichica del berlusconismo. Ma la realtà resta più complessa e non si può districare con i bei gesti, solo con pratiche di resistenza lenta e duratura.
Le pratiche di resistenza pertengono al modo in cui si decide di svolgere il proprio mestiere di scrittori. E questo riguarda il contenuto di ciò che si scrive; come si affronta il problema dell’estinzione dei lettori, o quello dell’impatto ecologico della propria attività, o ancora quello della fruizione dei testi letterari; insomma il tipo di cultura e di consapevolezza che si alimenta.»
Del modo in cui si decide di svolgere il proprio mestiere di scrittori fanno parte anche i rapporti coi piccoli editori e quelli con le librerie indipendenti. Noi abbiamo sempre coltivato entrambi, e vogliamo continuare a farlo. Ma è difficile coltivare un rapporto con qualcuno che muore, e le sedute spiritiche sono roba da ciarlatani (o da ex-presidenti dell’IRI).
Quindi, per quel che conta, aderiamo. Ma ricordiamo a tutti, colleghi e no, che le librerie indipendenti si fanno vivere principalmente andandoci a presentare i libri.
Tutto quello che c’è bisogno di sapere sulla “legge Levi” e sulla mobilitazione si trova in questo blog interamente dedicato all’argomento: https://leggesulprezzodellibro.wordpress.com
[l’articolo, in originale, di Wu Ming si trova qui]