il trattato intrattabile

ttip

di Anna Maria Merlo [da sbilanciamoci-2401, 24 Gennaio 2014]

A marzo a Bruxelles si aprirà il quarto round del mega-negoziato Usa-Ue per arrivare già entro il 2015 a concludere il Ttip (Transatlantic Trade and Investment Partnership), battezzato «la Nato del commercio» dai suoi numerosi detrattori. Si tratta di un accordo che avrà influenza sugli scambi tra le due principali potenze commerciali planetarie, che assieme controllano circa la metà del commercio mondiale, condotto nella più completa segretezza, senza che i cittadini (e neppure gli europarlamentari) siano informati delle decisioni prese. Dando così nuovi argomenti agli euro-scettici, perché lo scopo della segretezza sembra essere quello di mettere il nuovo europarlamento di fronte al fatto compiuto. A dicembre c’è stato il terzo round, a Washington. Dal tavolo del negoziato, su pressione della Francia, è stato tolto il settore culturale, anche se la Commissione europea ha attenuato questa eccezione, con il commissario al commercio Karel De Gucht ha annunciato che ci sarà una non meglio precisata «consultazione pubblica» nei 28 paesi, ma che riguarderà solo il capitolo sulla protezione degli investimenti, relativamente al ricorso eventuale a un arbitrato internazionale in caso di scontro tra uno stato e degli investitori. Inoltre, dopo le polemiche sul datagate e lo spionaggio degli europei da parte della Nsa, che nel giugno scorso hanno minacciato di ritardare l’avvio della trattativa sul Ttip, è stato sospeso il capitolo sulla protezione dei dati privati su Internet, come chiedeva la Ue.

A dicembre 180 organizzazioni di cittadini e sindacali hanno scritto una lettera preoccupata al commissario De Gucht e al rappresentante Usa per le questioni commerciali, Michael Froman. In questa lettera, firmata dalla tribunale arbitrale – cioè a una giustizia priCes (Confederazione europea dei sindacati) e dall’americana Afl-Cio, vengono espresse «gravi inquietudini» per i sistemi nazionali di sanità. «È imperativo che questi accordi di commercio e di investimento sfocino su economie supplementari per i pazienti e i budget nazionali, invece di arricchire ancora dipiù alcune imprese farmaceutiche e medicinali. La sanità pubblica, come l’accesso a medicine e a cure abbordabili, sono diritti umani che devono essere rafforzati dagli accordi commerciali», scrivono i sindacati, che temono la riproduzione dei termini dell’intesa Usa-Corea (Korus), che permette ai produttori di contestare le decisioni delle autorità sanitarie nazionali sui valori dei prodotti farmaceutici e di esigere risarcimenti più alti, nel caso si sentano lese da prese di posizione politiche degli stati. I sindacati temono gli effetti della clausola di protezione degli investimenti, che permetterebbe alle imprese che si sentono lese da un cambiamento di legislazione di uno stato di rivolgersi a un tribunale arbitrale – cioè a una giustizia privata, probabilmente presso la Banca mondiale – per chiedere riparazioni. Stando a una fuga di notizie, nel Ttip ci sarebbe una clausola che istituisce un regolamento dei conflitti «ultimo grido». Ci sono esempi che potrebbero venire riprodotti nelle relazioni Usa-Ue: la Philip Morris ha denunciato l’Uruguay, accusato di aver aumentato la dimensione degli avvertimenti sanitari sui pacchetti di sigarette. C’è poi il famoso caso della Lone Pine Resources, che ha attaccato il Canada perché lo stato del Quebec ha istituito una moratoria sullo shale gas, privando così l’azienda Usa dei previsti guadagni. Per Dan Mullaney, negoziatore Usa, il Ttip ricerca «il più alto livello di protezione» per gli investimenti, eliminando le «divergenze inutili e costose» che permangono tra Stati Uniti e Ue. Il negoziatore Ue, Ignacio Garcia Bercero, vuole rassicurare: «La deregulation non è e non sarà l’obiettivo del Ttip» promette, esso «non limiterà il campo d’azione dei governi», perché «questi negoziati non consisteranno nell’abbassare o rinnegare le norme più elevate di protezione dei consumatori, dell’ambiente, della vita privata, della salute e del diritto del lavoro». Ma la ong statunitense Public Citizen lancia l’allerta e avverte che la trattativa è alla ricerca «di un minimo comune denominatore» per spianare la strada a uno spazio di libero commercio che lascerà le mani libere alle multinazionali. Il Ttip mira a limitare il più possibile le barriere non tariffarie (quelle tariffarie sono già quasi inesistenti), favorendo di fatto le grandi imprese, in un commercio mondiale caratterizzato da una grande concentrazione (i primi dieci operatori Usa controllano il 96% dell’export del paese, nella Ue le prime dieci società esportatrici ne controllano l’85%).

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